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Storia, filosofia, educazione sessuale i corsi che imbarazzano i prof francesi
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Storia, filosofia, educazione sessuale i corsi che imbarazzano i prof francesi
L’Islam che cresce e le dispute
tra comunità spiazzano la scuola:
dalle crociate all’evoluzionismo
nuove «spine» per ogni materia
alberto mattioli
corrispondente da parigi
Altro che i corsi di «morale laica» annunciati dal nuovo ministro dell’Educazione nazionale, Vincent Peillon e che, se tutto va bene, dovrebbero debuttare nel 2015. Nelle scuole francesi sta diventando un problema tenere i corsi e basta.
Almeno nelle materie «sensibili», quelle che toccano le credenze politiche e religiose di minoranze sempre meno minoritarie e sempre più rumorose. Nel mirino, documenta una bella inchiesta del «Figaro», ci sono le lezioni di storia, filosofia, educazione sessuale ma anche di materie scientifiche, almeno quando si affrontano Darwin e dintorni.
Il problema è serio ma non lo si capisce se non si conosce l’attaccamento dei francesi alla scuola pubblica. Storicamente, dalla fine dell’Ottocento l’«instituteur», il maestro elementare, è stato l’«ussaro della Repubblica», incaricato di portare fin nelle campagne più sperdute, dunque considerate oscurantiste, il Verbo laico e illuminista della République. Una République che oggi come allora chiede a tutti i cittadini di riconoscersi nei suoi valori e crede che la scuola, molto più che la famiglia, sia il luogo dove propagandarli.
Ma adesso, con l’Islam seconda religione di Francia, con le dispute fra le comunità che stanno erodendo questi valori comuni, ci sono, secondo Peillon, «le materie che i prof non possono più insegnare liberamente». Perché oggi fare una lezione sulle Crociate, sulla Shoah, sulla colonizzazione e la decolonizzazione, sulla parità fra uomo e donna, sulla sessualità, sull’evoluzionismo o il creazionismo, sulla storia d’Israele o sulla guerra d’Algeria vuol dire camminare sulle uova o fare lo slalom fra opposte sensibilità.
E allora ecco la ragazzina nera che parla della tratta usando il termine «noi» per gli schiavi e «voi» per gli schiavisti; il ragazzino musulmano che consegna in bianco il compito su Darwin; ma anche i genitori cristiani che s’indignano perché in programma c’è un corso sull’Islam e la mamma evangelica che protesta contro Harry Potter accusato di satanismo.
Già nel 2004 il ministero commissionò un rapporto, poi molto discusso, dal quale emergeva che ci sono degli insegnanti che praticano l’autocensura. Altri si trasformano in una specie di crociati della laicità, altri invece lamentano che la sua difesa faccia perdere tempo per l’insegnamento. Una possibile soluzione la indica al «Figaro» un professore di soria e geografia di Rouen, che ha preso di petto il problema proponendo come tema della lezione di Eeucazione civica: «Si possono disegnare caricature di Maometto?». Il dibattito, ammette, è stato «vivace», ma almeno c’è stato. «Siamo su una corda tesa - racconta -. Non bisogna cadere nella compiacenza o cedere a opinioni liberticide. Bisogna far vivere i nostri valori democratici, in particolare con l’esercizio del dibattito, che non si improvvisa».
Il problema resta quello di proporre il metodo democratico a chi ne nega la legittimità. E forse l’insistenza del nuovo governo sull’insegnamento della morale laica, che pure ha un retrogusto un po’ da Stato etico, serve appunto a ribadire questo concetto: il metodo per confrontarsi, per tutti e su tutto, è quello della democrazia. Poi ognuno creda a quello che gli pare.
tra comunità spiazzano la scuola:
dalle crociate all’evoluzionismo
nuove «spine» per ogni materia
alberto mattioli
corrispondente da parigi
Altro che i corsi di «morale laica» annunciati dal nuovo ministro dell’Educazione nazionale, Vincent Peillon e che, se tutto va bene, dovrebbero debuttare nel 2015. Nelle scuole francesi sta diventando un problema tenere i corsi e basta.
Almeno nelle materie «sensibili», quelle che toccano le credenze politiche e religiose di minoranze sempre meno minoritarie e sempre più rumorose. Nel mirino, documenta una bella inchiesta del «Figaro», ci sono le lezioni di storia, filosofia, educazione sessuale ma anche di materie scientifiche, almeno quando si affrontano Darwin e dintorni.
Il problema è serio ma non lo si capisce se non si conosce l’attaccamento dei francesi alla scuola pubblica. Storicamente, dalla fine dell’Ottocento l’«instituteur», il maestro elementare, è stato l’«ussaro della Repubblica», incaricato di portare fin nelle campagne più sperdute, dunque considerate oscurantiste, il Verbo laico e illuminista della République. Una République che oggi come allora chiede a tutti i cittadini di riconoscersi nei suoi valori e crede che la scuola, molto più che la famiglia, sia il luogo dove propagandarli.
Ma adesso, con l’Islam seconda religione di Francia, con le dispute fra le comunità che stanno erodendo questi valori comuni, ci sono, secondo Peillon, «le materie che i prof non possono più insegnare liberamente». Perché oggi fare una lezione sulle Crociate, sulla Shoah, sulla colonizzazione e la decolonizzazione, sulla parità fra uomo e donna, sulla sessualità, sull’evoluzionismo o il creazionismo, sulla storia d’Israele o sulla guerra d’Algeria vuol dire camminare sulle uova o fare lo slalom fra opposte sensibilità.
E allora ecco la ragazzina nera che parla della tratta usando il termine «noi» per gli schiavi e «voi» per gli schiavisti; il ragazzino musulmano che consegna in bianco il compito su Darwin; ma anche i genitori cristiani che s’indignano perché in programma c’è un corso sull’Islam e la mamma evangelica che protesta contro Harry Potter accusato di satanismo.
Già nel 2004 il ministero commissionò un rapporto, poi molto discusso, dal quale emergeva che ci sono degli insegnanti che praticano l’autocensura. Altri si trasformano in una specie di crociati della laicità, altri invece lamentano che la sua difesa faccia perdere tempo per l’insegnamento. Una possibile soluzione la indica al «Figaro» un professore di soria e geografia di Rouen, che ha preso di petto il problema proponendo come tema della lezione di Eeucazione civica: «Si possono disegnare caricature di Maometto?». Il dibattito, ammette, è stato «vivace», ma almeno c’è stato. «Siamo su una corda tesa - racconta -. Non bisogna cadere nella compiacenza o cedere a opinioni liberticide. Bisogna far vivere i nostri valori democratici, in particolare con l’esercizio del dibattito, che non si improvvisa».
Il problema resta quello di proporre il metodo democratico a chi ne nega la legittimità. E forse l’insistenza del nuovo governo sull’insegnamento della morale laica, che pure ha un retrogusto un po’ da Stato etico, serve appunto a ribadire questo concetto: il metodo per confrontarsi, per tutti e su tutto, è quello della democrazia. Poi ognuno creda a quello che gli pare.
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