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Università, contro la crisi meglio le lauree tecnico-professionali

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Messaggio  Gilberto Carron Dom Dic 09, 2012 5:56 pm

In cinque anni immatricolazioni diminuite del 5%
roma

Lauree umanistiche “addio”, per fronteggiare la crisi sempre più studenti si indirizzano verso lauree tecnico-professionali. È quanto emerge dal 46° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese del Censis, che evidenzia come con il prolungarsi della crisi economica e dei suoi effetti sui livelli occupazionali e di benessere materiale delle famiglie, cominciano a emergere concreti segnali di riposizionamento dei giovani e delle loro famiglie rispetto alle possibili opzioni di studio e di lavoro.



Il 78% delle famiglie ritiene che i giovani debbano orientare le loro scelte scolastiche o universitarie verso percorsi tecnico-professionali e nell’82,8% dei casi si sentono di consigliare ai giovani di andare a studiare o lavorare all’estero per trovare quelle opportunità di realizzazione non disponibili in Italia. In effetti, le scelte della scuola secondaria di II grado effettuate nel corrente anno scolastico fanno registrare, rispetto all’anno precedente, un aumento del peso complessivo di tecnici e professionali pari all’1,9% dopo un triennio di continua emorragia di nuova utenza.



Di contro, sembra ormai consolidato il trend decrescente delle nuove iscrizioni all’università. I dati delle immatricolazioni degli anni accademici 2007-2008 e 2010-2011 evidenziano un decremento superiore del 6,3% e anche i dati provvisori relativi al 2011-2012 sembrerebbero prefigurare un’ulteriore contrazione di circa 3 punti percentuali. La crisi, evidenzia il Rapporto Censis, ha drammaticamente sottolineato come la laurea non costituisca più un valido scudo contro la disoccupazione giovanile, né garantisca, rispetto ai diplomati, migliori condizioni di occupabilità e/o remuneratività. Si cominciano, inoltre, a intravedere alcuni segnali di un possibile riposizionamento nelle scelte dei percorsi di studio superiori da parte di una minoranza di giovani che si indirizzano verso percorsi di inserimento lavorativo meno aleatori, dai contorni professionali più certi. (



I gruppi di corsi di laurea letterario, insegnamento, linguistico, politico-sociale e psicologico, nel loro insieme, subiscono tra il 2007 e il 2010 una riduzione del loro peso percentuale sul totale delle immatricolazione di più di 3 punti percentuali, passando dal 33% al 29,9%. Sul versante dei percorsi universitari a valenza tecnicoscientifica, invece, i gruppi agrario, chimico-farmaceutico, geobiologico, ingegneria, scientifico si connotano per un differenziale positivo del 2,7%, essendo il loro peso percentuale sul totale degli immatricolati passato dal 26% al 28,7%.



La propensione a ricercare percorsi di studio accademici a più elevato differenziale competitivo sembra emergere anche dai dati Ocse sui primi 10 Paesi di destinazione degli studenti universitari italiani, che evidenziano tra il 2007 e il 2010 una significativa variazione positiva (pari a +42,6%) di giovani che hanno deciso di completare la loro formazione superiore all’estero. Principale Paese di elezione è il Regno Unito, che nel 2010 ha ospitato il 19,3% dei quasi 60.000 studenti che risiedono all’estero. Il fenomeno vede il supporto e il sacrificio delle famiglie finalizzato a ottenere una maggiore qualificazione dei figli. Le famiglie continuano a operare come supporter dei figli investendo oltre l’ordinario: infatti, il 30,3% ha speso nell’ultimo anno per costi aggiuntivi scolastici, il 21,5% per un figlio senza lavoro, il 16,1% per un figlio che frequenta una università italiana e il 5,6% per una università straniera.
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