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Obbligatorio studiare l’inno di Mameli
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Obbligatorio studiare l’inno di Mameli
Approvato in via definitiva il ddl.
La Lega protesta: norma illiberale
D’ora in poi l’Inno di Mameli, conosciuto anche come Fratelli d’ Italia dal suo verso introduttivo, dovrà esser studiato e cantato nelle scuole italiane. Il Senato ha, infatti, approvato in via definitiva con la sola opposizione tenace e chiassosa della Lega Nord, il ddl che introduce questo canto risorgimentale, scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro, nei programmi scolastici. Nello stesso tempo, viene istituito il 17 marzo di ogni anno, in continuità con il festeggiamento dei 150 anni, il «Giorno dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera», allo scopo di promuovere i valori di cittadinanza e di consolidare l’identità nazionale.
Questo inno che, in crescendo, incita alla ribellione verso lo straniero e alla libertà con la chiusa «l’ Italia chiamò» non sarà più solo motivo di applausi (e fischi) negli Stadi quando gioca la nazionale e dovrebbe avere una diffusione capillare. Ma, si sa, l’inno di Mameli non è mai piaciuto ai leghisti che nell’ Aula del Senato hanno dato il meglio di sé nella contestazione di un simbolo della Repubblica e non digeriscono che in terre padane gli scolari siano tenuti a conoscerlo. Solo il segretario Roberto Maroni ha gettato acqua sul fuoco cavandosela con una battuta:«Quando si canta, purché non sia stonato, per me va sempre bene».
Il Carroccio è intervenuto, tra ieri sera e stamane, in massa definendo, via via, l’iniziativa, legata ai festeggiamenti per i 150 anni dell’ Unità d’Italia, «inutile», «retorica», «antistorica», «ideologica», «coercitiva», «illiberale», «totalitaria». «Io sono sempre stato convinto che Metternich avesse ragione» ha detto l’ex Guardasigilli Roberto Castelli precisando di «esser legato più» alla sua terra che alla penisola italiana. Sentimento di «non appartenenza» all’ Italia espressa anche da altri esponenti del Carroccio che hanno parlato di «carattere fittizio» di un’unità nazionale non ispirata al federalismo e «svuotata di sovranità» dalle richieste dell’ Unione europea.
«Sdegno» per le bordate leghiste è stato espresso dai senatori degli altri gruppi. Il senatore democratico Giovanni Procacci, tra gli applausi, ha chiesto: «perché demonizzate la storia e la memoria del Paese? Alberto da Giussano, vostro simbolo, è ricordato nell’ inno che disprezzate». Ma la Lega fino all’ ultimo, con il giochetto di interventi in dichiarazione di voto in dissenso dal gruppo, ha continuato a protestare contro quella che ha definito «una imposizione» alle «libere genti della Padania». Alla fine, il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri ha salutato il «voto storico» del Senato che «riafferma i valori dell’identità nazionale».
La Lega protesta: norma illiberale
D’ora in poi l’Inno di Mameli, conosciuto anche come Fratelli d’ Italia dal suo verso introduttivo, dovrà esser studiato e cantato nelle scuole italiane. Il Senato ha, infatti, approvato in via definitiva con la sola opposizione tenace e chiassosa della Lega Nord, il ddl che introduce questo canto risorgimentale, scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro, nei programmi scolastici. Nello stesso tempo, viene istituito il 17 marzo di ogni anno, in continuità con il festeggiamento dei 150 anni, il «Giorno dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera», allo scopo di promuovere i valori di cittadinanza e di consolidare l’identità nazionale.
Questo inno che, in crescendo, incita alla ribellione verso lo straniero e alla libertà con la chiusa «l’ Italia chiamò» non sarà più solo motivo di applausi (e fischi) negli Stadi quando gioca la nazionale e dovrebbe avere una diffusione capillare. Ma, si sa, l’inno di Mameli non è mai piaciuto ai leghisti che nell’ Aula del Senato hanno dato il meglio di sé nella contestazione di un simbolo della Repubblica e non digeriscono che in terre padane gli scolari siano tenuti a conoscerlo. Solo il segretario Roberto Maroni ha gettato acqua sul fuoco cavandosela con una battuta:«Quando si canta, purché non sia stonato, per me va sempre bene».
Il Carroccio è intervenuto, tra ieri sera e stamane, in massa definendo, via via, l’iniziativa, legata ai festeggiamenti per i 150 anni dell’ Unità d’Italia, «inutile», «retorica», «antistorica», «ideologica», «coercitiva», «illiberale», «totalitaria». «Io sono sempre stato convinto che Metternich avesse ragione» ha detto l’ex Guardasigilli Roberto Castelli precisando di «esser legato più» alla sua terra che alla penisola italiana. Sentimento di «non appartenenza» all’ Italia espressa anche da altri esponenti del Carroccio che hanno parlato di «carattere fittizio» di un’unità nazionale non ispirata al federalismo e «svuotata di sovranità» dalle richieste dell’ Unione europea.
«Sdegno» per le bordate leghiste è stato espresso dai senatori degli altri gruppi. Il senatore democratico Giovanni Procacci, tra gli applausi, ha chiesto: «perché demonizzate la storia e la memoria del Paese? Alberto da Giussano, vostro simbolo, è ricordato nell’ inno che disprezzate». Ma la Lega fino all’ ultimo, con il giochetto di interventi in dichiarazione di voto in dissenso dal gruppo, ha continuato a protestare contro quella che ha definito «una imposizione» alle «libere genti della Padania». Alla fine, il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri ha salutato il «voto storico» del Senato che «riafferma i valori dell’identità nazionale».
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