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Lettera aperta al Prof. Cafiero II parte (epilogo)
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Lettera aperta al Prof. Cafiero II parte (epilogo)
Lettera aperta al Prof. Davide Cafiero – P. II
Caro professor Cafiero,
le scrivo, non perché così mi distraggo un po’, ma perché la sento molto ma molto lontano (dalla verità e dal mondo dei valori e della civiltà che mi appartiene), che più chiaramente le scriverò.
La comunicazione alla Sig.ra Castellani dà la possibilità di tornare su temi e vicende che hanno interessato il Liceo Parini nello scorso anno scolastico e rispetto alle quali, come più volte detto, avremmo aspettato non solo che l’Istituzione mostrasse le sue capacità e le sue iniziative, ma anche la chiusura delle aule e la liberazione degli studenti dalla frequenza e, quindi, dalla possibilità di tornare a subire in aula i comportamenti, di reazione alle opinioni degli altri e all’esercizio del legittimo diritto di critica.
Ebbene questo momento è venuto e credo che non si possa che approfittarne.
Le rispondo dalle pagine del forum perché ho sempre percepito un suo bisogno di pubblico e di conferma e perché, oggi, ritengo giusto che tutti sappiano quanto accaduto e quanto da ognuno fatto.
Mi spiace professore che lei sia così arrabbiato e così inquieto rispetto all’esercizio del diritto di critica. Mi spiace che si atteggi a vittima quando in realtà i fatti, almeno quelli che riportano a me e che leggo, la rendono solo carnefice. In effetti una dote particolare le va riconosciuta, quella di riuscire comunque a trovare l’appoggio della casta, non di tanta veramente, ma di almeno una parte sì. Si atteggia a modello di perfezione, abnegazione e dedizione all’adolescenza. Ne è convinto o è finzione? Certo, ora, ha addirittura la certificazione ministeriale, che dico, del Ministro per il tramite del suo più stretto ed elevato consigliere, però non trova ancora pace. Me ne spiace veramente perché vivere e lavorare in queste condizioni non deve essere facile, non so se tutto questo umano o no sia, so solo che io non credo di entrarci in alcun modo e le spiego il perché.
Porta a discarico delle sue responsabilità, a certificazione di falsità delle accuse a lei mosse i copiosi scritti, sia ufficiali che ufficiosi, non dell’ispettore Bruschi, ma, come sottolineato dall’autore, del consigliere del Ministro (accipicchia!!), perché detti scritti sono tutt’altro che evangelici e contano una serie di circostanze, come le mie dichiarazioni, non rispondenti al vero. Vengono stralciati brani e passaggi di dialoghi quasi a volermi accreditare come Al Capone redivivo, peccato che a me sembra che altri, non io, si considerino “The Untouchable” (e che Dio me la mandi buona affinché abbia azzeccato a scrivere le parole nella sua lingua con la mia cultura dialettale!). E meno male che, avendo un po’ di esperienza, ho tenuto evidenza completa dei colloqui, tutti, telefonici e non, da me avuti con l’ispettore ministeriale, anche di quel colloquio telefonico molto cordiale nel corso del quale sempre colui che tanto la loda mi continuava a ripetere: “Ma perché vuole convocare l’assemblea del Comitato Genitori?” “Ma chi glielo fa fare?” “Ma perché continua a scrivere sul forum?” e così via. Nonostante le frasi, professore, e il tono, mi creda non ho mai pensato che mi minacciasse ma ho sempre pensato che mi consigliasse e l’ho anche ringraziato, lui lo ricorderà sicuramente. Quando farò la mia relazione ispettiva ai genitori del Parini cercherò di scrivere le frasi topiche fedelmente senza distorcerle, perché è un peccato che, a leggere nella sua mail, i brani stralciati dalla relazione e la lettera di encomio, sembra di vivere la sensazione che siano stati invertiti i fascicoli sulla scrivania “di pelle umana” di fantozziana memoria dell’ufficio ministeriale dell’ispettore; sì, sembra proprio che siano documenti estratti dall’ispezione di altre scuole, riferiti, per quel che mi consta come testimone dei fatti, a un altro docente. E poi, professor Cafiero, come si può dare credito a un’ispezione nei suoi confronti che ha evitato di ascoltare una buona parte dei diretti interessati, dei principali interessati dalle sue azioni le cui segnalazioni davano la stura alle critiche a lei mosse e che ha misurato il suo clima di aula rimanendo lì ad assistere alla lezione? Cosa pensava l’ispettore lei potesse fare in sua presenza, dare in escandescenza? In ogni caso queste sono opinioni personali del sottoscritto, ma tengo ugualmente a sottoporle alla sua intelligenza e onestà intellettuale, perché so che troveranno, comunque, considerazione.
Ma torniamo a tutte le nefande azioni di cui io mi sarei macchiato al suo indirizzo.
Avrei esercitato pressioni su di lei nel colloquio avuto nell’ufficio del Preside? Il dato che mi sembra inconfutabile è che quel colloquio finì con tanto di saluti e strette di mano e tutti al Parini sanno che, quando il tono della conversazione si complica, lei alza un po’ il suo di tono di voce e platealmente se ne va. Come mai quella volta arrivammo alla fine e ci salutammo normalmente? Perché nessuno sentì i toni alti della nostra conversazione? A cosa serve oggi cambiare versione e mentire? Le sembravo veramente minaccioso nel parlarle in quella circostanza?
Per la verità, Professore, nel corso del primo colloquio in Presidenza, lei assente, si parlò di tante cose e anche di lei. Si segnalarono anche i comportamenti particolari che avevano da sempre caratterizzato la sua attività al Parini, il senso di disapprovazione che questo provocava, anche se pochi avevano il coraggio di formalizzarlo, e si annunciò solo quello che diversi genitori cominciavano a ponderare o, almeno, ventilavano di ponderare, che avrebbero cioè voluto aprire procedimenti formali a suo carico. Si comunicò la cosa affidando informazione e gestione del caso al Preside, come è giusto che sia, si vollero evitare clamori e nessuna proposta fu fatta e nessun suggerimento fu mai dato. La replica, nel primo colloquio, del Preside fu: “Non vi preoccupate ci penserò io”, non riferito a lei ma a tutte le situazioni segnalate, indicando alla prof. Angino di convocarla per l’indomani mattina mentre chiese a lei, che per la verità si offrì, di convocare l’altro docente interessato.
Da lì nulla seppi, fino alla convocazione, quasi drammatica nei toni, di giorni dopo ricevuta dietro sua richiesta. Mi sembra di ricordare che, nell’occasione, si dialogò, le prospettai argomenti e considerazioni in un clima di civiltà, nel normale e ordinario esercizio di dialettica e confronto, mentre a leggere questa pantomima organizzata trasposta in tragedia, sembra che la storia sia stata un’altra. Lei professore vittima, ma chi può crederlo?
Comunque, non appena lei si sentì messo in discussione partì con il suo referendum popolare al Parini. Scrisse lettere allegate a mail innegabili e a disposizione di chi le volesse leggere, che circolarizzò a tutto il suo mondo, con inviti inequivocabili e non troppo democratici alla sottoscrizione dei genitori e degli studenti, partendo come una furia con insistenti telefonate perché fossero immediatamente firmate. Incontrò, così testimonia la statistica, certamente più rifiuti che adesioni. Addirittura in una classe gli studenti hanno rifiutato di firmare la lettera nonostante parte dei loro genitori avesse aderito all’invito alla firma. Queste sì che furono pressioni vere e censurabili, ma, avendole fatte lei, non possono che essere legittime e giustificate, una legittima difesa; mentre io, violento, minaccioso, invadente, prevaricante, e chi più ne ha più ne metta, molto oltre l’oggettività per l’innegabile difetto di essere un genitore che si permette, un genitore che si intromette, temi questi e contenuti usi in altri contesti, ben lontani dal mondo della scuola. Sono sempre gli altri per lei che si comportano male, con violenza e subdolamente nei suoi confronti, mentre lei così puro! Stiamo cercando forse di riscrivere in chiave moderna un libro di favole?
Sa che è paradossale come io, nel mio mestiere di applicato alle organizzazioni aziendali, oramai molti anni fa, coniai una figura teorica di profilo comportamentale, spesso presente nei conflitti aziendali, mutuandola dalla letteratura per bambini. La figura la chiamai “Direttore Muscolo” che è il soprannome del direttore del collegio frequentato da Gian Burrasca e al quale i ragazzi avevano dedicato il motto: “Tutti fermi tutti zitti che se vi vede Muscolo siete tutti fritti”. Questa figura, nel romanzo, pretendeva dai ragazzi che si mostrassero all’altezza dell’educazione del collegio, praticando l’immobilismo fisico; se non riuscivano, erano sonore punizioni. Usavo questa figura per esemplificare come autorità senza autorevolezza sia come una bicicletta senza una ruota, perché l’autorità non può essere autocraticamente riconosciuta e riverita di per sé, ma solo per l’autorevolezza delle cose che, sia a livello comportamentale che concettuale, esprime ed è in grado di porre in essere. Questo accadeva alla fine degli anni ’80 e in questo anno, entrando ufficialmente al Liceo Parini, ho sentito una gran presenza del modello “Direttore Muscolo” e, pensando che il personaggio fu ideato nel 1907, ho anche pensato che tutto questo fosse perlomeno anacronistico.
Vede professore, l’arte di insegnare consiste nel liberare il talento, nell’aiutare quel processo di formazione del sé dotato che ogni studente riceve dalla natura. Si tratta di aiutare a trovare la porta della vita. E questo avviene nell’insegnamento del latino come del greco, così per l’inglese. La nozione serve per portare altro, ben più elevato e prezioso, nell’anima degli studenti. Essere professori non vuol dire essere allenatori della memoria, ma di apertura alla percezione e di sviluppo della capacità logica. Per farlo occorre sensibilità, ci vuole giudizio e non pregiudizio, equità e non parzialità, ci vuole anche che le difficoltà degli studenti, tipiche di tutti i momenti della vita e, in particolare, dell’adolescenza, vengano capite, aiutate e mai giudicate, usate o, ancor peggio, provocate o aggravate. Quando voi insegnanti vivete momenti di crisi personale, nessuno vi può dire niente, quando capita ai ragazzi, problemi loro e se perdono l’anno pazienza. I ragazzi vogliono essere ascoltati oltre a sapere di dover ascoltare; con questo non voglio dire che il Liceo Parini sia scuola in cui non si ascoltano i ragazzi, per fortuna tutt’altro, ma questo avviene non per indirizzo del sistema di gestione della scuola, non per la segnalazione e presidio dei valori fondamentali della proposta formativa, ma per capacità e abnegazione di ogni singolo insegnante, neppure poi troppo incentivato e stimolato su questa strada. Riprova ne è che quando questo non avviene, come, a mio modesto avviso, nel suo caso, arriva addirittura la certificazione ministeriale di encomio, la strada della benedizione degli esperti di come la via dell’Io, che forse lei conoscerà, coincida necessariamente con la via dei più e, quindi, dell’interesse collettivo e che, comunque, “quegli arroganti e maleducati dei genitori ne devono rimanere fuori” (E meno male che sono io che minaccio!). Sembra quasi, non più l’apertura di un confronto su temi generali d’interesse pubblico quanto piuttosto l’avvio di una lotta per la spartizione di un territorio, di un dominio. Peccato, però, che ci siano coinvolti circa 700 studenti e non sembra che siano in troppi a preoccuparsene.
Proseguendo, però, sul concreto degli eventi che l’hanno riguardata, lei elegge a causa di ogni male anche me, ma credo che, perché lei possa recuperare credibilità, dovrebbe spiegare ai suoi utenti - cioè alle famiglie dei suoi studenti e non alla “casta” - come mai non riesce a evitare determinati comportamenti che le hanno sempre, da anni, creato problemi in ogni scuola in cui si sia trovato a rendere servigio. Se lei non riuscisse, magari, nella spiegazione potrebbe sempre provare a chiarirlo l’ispettore che la porta a esempio, perché credeteci, anche se non sembra, siamo in grado di capire.
Partiamo dalle opinioni del Parini. Un genitore, richiesto, come altri, di dire al principio di maggio quale la situazione della sua classe al suo riguardo scriveva: “prof. Cafiero (inglese) di cui, più che dal punto di vista didattico, segnaliamo invece la brutta abitudine di arrivare sempre 15-20 minuti in ritardo e l’aver instaurato con i ragazzi un clima un po’ troppo di autoritarismo e timore, per cui i ragazzi vanno in panico.” Sempre questo genitore, poi, richiesto di autorizzazione all’utilizzo dell’informazione data, ha risposto che avrebbe preferito si evitasse perché “aveva capito che era meglio, nell’interesse dei suoi alunni, compiacerla piuttosto che contrastarla”, in assenza di una soluzione reale, al perpetuarsi del suo comportamento. Chissà che magari anche il prof. Bruschi abbia fatto lo stesso ragionamento di questo genitore quando le ha dedicato l’encomio? Compiacerla piuttosto che contrastarla, certamente una chiave di lettura interessante.
Passiamo, poi, all’esperienza al Leonardo. Sarebbe interessante che ci spiegasse un così repentino commiato di un docente così amato come lei è. Tanto amato che un gruppo di studenti della citata scuola, neppure troppo sparuto (81 aderenti che non sono proprio pochi), che per onestà, va detto certamente, non amano la loro scuola, inneggiano dalle pagine di Facebook alla sua dipartita da quell’istituto scolastico. E sembra quasi che il gruppo sia costituito, più che contro la scuola, contro di lei perché, oltre alla notizia sopra riportata, non dà nessun’altra informazione.
Certo, come direbbe Edoardo Bennato, saranno sicuramente dei “sovversivi e dei mezzi criminali” ma, comunque, resta il fatto che 81 studenti del Leonardo, non 8 ma 81, comunicano con gaio la notizia della sua partenza e ci si chiede come mai lì non la rimpiangano mentre al Parini sono tutti convinti che senza di lei la scuola affogherebbe nelle lacrime.
Cosa vale di più per lei, prof. Cafiero, le note di qualifica del Ministero, o l’apprezzamento, il giudizio dei suoi utenti? Sono certo che, da madrelingua inglese e, quindi, con il valore della sovranità dell’utilizzatore dei servizi nei cromosomi, non potrà negare che la sua popolarità qualche contrarietà la trova.
Dopo questo arrivano ancora altre vicende che sembrano pur sempre riferite a lei, come quelle narrate da Corriere e Repubblica, i quali il giorno 11 giugno 2009 escono con due pezzi dedicati ancora una volta a un professore di inglese, che molti dicono essere lei, circostanza questa che certamente meriterebbe una conferma o una smentita, e a una vicenda di un liceo milanese e, leggendoli, non sembra che celebrino i meriti del docente protagonista.
La vicenda, ritenuta grave dalla scuola, al punto da assumere provvedimenti disciplinari importanti nei confronti degli studenti responsabili, è ritenuta irrilevante dal pubblico ministero che ha trattato la querela del docente, al punto da motivare al Giudice chiamato a decidere sulla richiesta di archiviazione della querela, con argomenti che le avrebbero dovuto suggerire, sempre che sia lei, qualche riflessione in più. Sarebbe anche interessante capire come un comportamento pesantemente sanzionato dalla scuola abbia trovato giudizio di liceità da parte di chi ne ha valutato la correttezza giuridica, ma questo è argomento che magari riprenderemo in altra sede.
I passaggi salienti dei due articoli sono:
Il Corriere:
“Prof criticato su Facebook denuncia due studenti, il pm lo «bacchetta»”
La procura dei minori chiede l'archiviazione: il docente «non ha messo in pratica l'educazione»
MILANO - L'anno scorso si è ritrovato su Facebook come protagonista di un «gruppo di discussione», nel quale però faceva una pessima figura. Ha sporto denuncia, e ora si ritrova «bacchettato» dal pm per aver fatto male il suo lavoro. La vicenda riguarda un professore d'inglese di un noto liceo milanese: la Procura dei Minori, nella richiesta di archiviazione del caso firmata da Annamaria Fiorillo, lo rimprovera perché «invece di ricercare un chiarimento con gli studenti» e di dialogare con loro ha deciso di sporgere querela per diffamazione, preferendo «la strada della punizione e del risarcimento» e perdendo «la preziosa occasione di mettere in pratica l'educazione, e cioè il suo mestiere, verso se stesso e verso gli studenti».
Anche Repubblica, dal suo canto, sulla stessa falsariga:
“Milano, gli studenti lo criticano su Facebook e il pm bacchetta il prof perché li denuncia”
Francamente professore, continuare a fare il genio incompreso da parte di tutti e, da ultimo, dal sottoscritto, che ho qualche esperienza di relazione diretta con lei tale da potermi formare una mia opinione, appare veramente poco credibile. Tutti la offendono e nessuno le riconosce l’immenso valore che possiede, l’immenso amore che lei porta agli studenti e che questi ricambiano e rispetto ai quali è così conciliante, conciliante al punto da essere da loro offeso e da perdonarli, soprassedendo alla querela penale, dietro lauto risarcimento (chiesti, dicono i quotidiani fino a 25.000 euro). Pagato il risarcimento, lavata l’offesa, e si riparte esattamente come prima? Il PM dice nelle sue motivazioni che si è persa “la preziosa occasione di mettere in pratica l’educazione, e cioè il suo mestiere, verso se stesso e gli studenti.” E meno male che anche un pubblico ministero sostenga che il mestiere del professore sia principalmente quello di mettere in pratica l’educazione, concetto che vado sostenendo da quanto sono in carica, trovando una certa ostilità da parte delle mie controparti scolastiche.
Lei Professore, che è “di madrelingua inglese”, non può non avere nel dna anche i valori degli anglosassoni e saprà che, per loro, l’unica opinione che conta è quella degli utenti, sono loro che governano il gradimento dei servizi, pubblici o privati che siano, e le sorti di chi li gestisce. Sa anche perfettamente che, se solo il 10% di quello che caratterizza la sua attività quotidiana nel Liceo Parini lo avesse posto in essere nel sistema dell’istruzione anglosassone, a quest’ora avrebbe già cambiato mestiere.
Saprebbe anche che l’attacco non è la miglior difesa, e che la miglior difesa sono i comportamenti corretti, la capacità di ascolto e di percezione della critica come momento di verifica del sé esterno, quello pubblico, rispetto al quale non potrà mai, e ripeto mai, evitare di confrontarsi con il percepito dai suoi interlocutori, nonché fruitori delle sue prestazioni lavorative perché, che le piaccia o no, a lei come al Preside e agli altri sopra di lui, quelli che mantengono in vita la scuola sono i cittadini e, fra questi, anche i genitori del liceo verso i quali dovreste dimostrare maggior rispetto e considerazione, smettendo, tutti e non solo lei, di insultarli inutilmente e gratuitamente, come troppe volte accaduto nelle recenti vicende. E un po’ di sana vergogna per le menzogne e i comportamenti tenuti dovrebbe comparire nel vostro animo e non certamente nel mio.
Quando fui nominato Presidente del Comitato Genitori, esposi che il mio operato sarebbe stato indirizzato al tentativo di recupero di un contenuto complessivo della proposta formativa e, in particolare, di quello etico, avendo avuto troppo spesso occasione di confrontarmi, nella scuola, con comportamenti di grande maleducazione, in primis dello stesso dirigente Pedretti, a mio modo di vedere inaccettabili, anche perché squalificanti la proposta formativa per i ragazzi. Essi, infatti, assistono da un lato alla parte adulta della scuola che infrange sistematicamente le regole, mentre poi, questa stessa parte pretende da loro che rispettino le regole e, se non lo fanno, vengono ripresi anche con grande veemenza ben oltre i loro demeriti; tutto questo è altra cosa rispetto al rigore educativo.
Mi accorsi sin dai miei primi due giorni come presidente di seggio alle elezioni scolastiche, che esistevano tanti pesi e tante misure nel Liceo, grandi sacche di particolarismo e di anarchia a cominciare dal modo con il quale si svolgevano le elezioni degli organi delegati.
E’ quindi evidente, Prof. Cafiero, che se lei riprende uno studente per la mancanza della giustificazione, oppure, come di recente accaduto, per la dimenticanza dei fogli protocollo per la verifica in classe e questo studente vede tutti i giorni che lei arriva sistematicamente in classe con almeno un quarto d’ora di ritardo (sa che nelle sue classi gli studenti si sono organizzati rilevando gli orari delle sue presenze, tanto da poterne elaborare una statistica?) quale autorevolezza e incidenza positiva pensa possa avere la sua reprimenda? Ricorda le parole del PM “perdendo «la preziosa occasione di mettere in pratica l'educazione, e cioè il suo mestiere, verso se stesso e verso gli studenti»?
Chi ha responsabilità e chi ha il dovere di insegnare, non può non sapere che il primo insegnamento è l’esempio. E che esempio dà quando proietta in classe dvd di film in lingua originale, noleggiabili per uso privato in un luogo pubblico e quando, preoccupato delle conseguenze, fa firmare alle famiglie uno scarico di responsabilità. Cosa pensa che si chiedano gli studenti se non: “Perché lui sì e noi no?”
Da queste cose siamo partiti e su questo impostammo i colloqui con il Dirigente Pedretti, con l’effetto che oggi tutti possono valutare: encomio suo e criminalizzazione di quei genitori che osarono! Siamo al ridicolo ma sembra che nessuno voglia accorgersene.
Questi i temi, professore, oggi come ieri e come domani e questa se vuole la vista dal mio angolo di osservazione. Poi, come le ho già detto, a lei prenderla o lasciarla, ritenerla meritevole di attenzione o fuorviante, tanto, professore, il problema è e sarà sempre più suo che mio. Anni e anni di creazione delle medesime dinamiche, dei medesimi conflitti e pensa di potersi tirare fuori creando, ad arte, la crociata del perseguitato e prendendosela col Berenghi di turno perché invece di riverirla la critica? Magari è arrivato il momento di andare avanti altrimenti, come le dissi, quando non si ascoltano i suggerimenti degli uomini, se ne occupa direttamente la vita e la musica cambia.
Un ultimo cenno di questa mia pedantissima ma necessario chiarimento.
Non accusi nessuno di fatti inesistenti come l’inumanità. Non è vera. La scomparsa di suo fratello non è passata dai TG, per cui non si renda ridicolo, il mondo si interessa a lei perché lei lo costringe a farlo, altrimenti, mi creda, il mondo e io per primo troverebbero di meglio da fare. Non chieda cosa infondate e “improponibili” (termine che le piace tanto), come le scuse. Se proprio le piace il genere ne inizi lei a fare esercizio perché di studenti con cui scusarsi è piena la città, come quello da lei dimenticato in un altro Paese (USA forse?) durante le vacanze studio, sempre che sia vero quanto la tradizione popolare riporta. Questo le potrebbe servire per recuperare un po’ di tranquillità, accettando finalmente che non si può piacere e convincere tutti, perché questo aspetto è della vita e non lo cambierà neppure se dovesse mettere sotto berlina tutti i genitori del mondo, anche ben accompagnato e sponsorizzato come è in questa vicenda. E poi a me, professore, con sincerità, lei, nel comportamento, non ha mai convinto. Il mio compito era di fare informazione e l’ho svolto, dovevo segnalare e ho segnalato. La mia coscienza non ha ombre né pentimenti. Non so se valga per gli altri protagonisti dei fatti in commento, lei per primo.
Ora, chiariti i fatti e i comportamenti dal mio punto di vista a tutti gli attori di quel grande palcoscenico che è il Liceo Parini, la palla passa a lei, a chi sta sopra di lei e a quelli che stanno sopra a tutti voi, i genitori dei suoi studenti. Se andrà bene a loro, proseguirà nelle gesta, se no sapranno loro attivarsi nei modi e nelle forme dovute, perché ne sono capaci, nell’irrinunciabile compito di tutelare i loro figli. Quando si parlò delle professioni dei genitori nei colloqui citati, non lo si fece né in senso classista, che tanto le piace, né in senso di capacità di esercitare potere, che pure le piace. Lo si fece solo per dire che cultura e preparazione per capire i comportamenti, nei genitori del Parini esistono e, quindi, non ci si deve sorprendere se sono interlocutori critici non inermi.
Non me ne voglia per la sincerità e apprezzi il mio spirito, sempre costruttivo e un ultimo pensiero. Le regole sono figlie dei valori, e l’educazione è, senza dubbio e prima di tutto, insegnamento dei valori. Le nozioni, come detto, sono i portatori, trasportano i valori e l’educazione piena di sole nozioni a poco porta e poco fa. Ma chi non rispetta le regole - e lei fra questi, ricordi solamente i suoi cronici ritardi - dimostra di non conoscere e non condividere il valore da cui la regola arriva. Ma se allora educare insegnando è trasmettere valori, come può farlo chi non li rispetta e, quindi, non li conosce?
Comunque forse ha ragione lei, sono un illuso idealista-utopista però ho sempre potuto verificare come l’unico giudizio che per un individuo possa contare, da che il mondo è mondo, sia quello della vita che però, mi creda, non arriva mai su carta intestata. Allora professore un consiglio: “Impari a confrontarsi con la critica!”.
Distinti saluti e buon proseguimento in tutto.
Arrigo Berenghi
Caro professor Cafiero,
le scrivo, non perché così mi distraggo un po’, ma perché la sento molto ma molto lontano (dalla verità e dal mondo dei valori e della civiltà che mi appartiene), che più chiaramente le scriverò.
La comunicazione alla Sig.ra Castellani dà la possibilità di tornare su temi e vicende che hanno interessato il Liceo Parini nello scorso anno scolastico e rispetto alle quali, come più volte detto, avremmo aspettato non solo che l’Istituzione mostrasse le sue capacità e le sue iniziative, ma anche la chiusura delle aule e la liberazione degli studenti dalla frequenza e, quindi, dalla possibilità di tornare a subire in aula i comportamenti, di reazione alle opinioni degli altri e all’esercizio del legittimo diritto di critica.
Ebbene questo momento è venuto e credo che non si possa che approfittarne.
Le rispondo dalle pagine del forum perché ho sempre percepito un suo bisogno di pubblico e di conferma e perché, oggi, ritengo giusto che tutti sappiano quanto accaduto e quanto da ognuno fatto.
Mi spiace professore che lei sia così arrabbiato e così inquieto rispetto all’esercizio del diritto di critica. Mi spiace che si atteggi a vittima quando in realtà i fatti, almeno quelli che riportano a me e che leggo, la rendono solo carnefice. In effetti una dote particolare le va riconosciuta, quella di riuscire comunque a trovare l’appoggio della casta, non di tanta veramente, ma di almeno una parte sì. Si atteggia a modello di perfezione, abnegazione e dedizione all’adolescenza. Ne è convinto o è finzione? Certo, ora, ha addirittura la certificazione ministeriale, che dico, del Ministro per il tramite del suo più stretto ed elevato consigliere, però non trova ancora pace. Me ne spiace veramente perché vivere e lavorare in queste condizioni non deve essere facile, non so se tutto questo umano o no sia, so solo che io non credo di entrarci in alcun modo e le spiego il perché.
Porta a discarico delle sue responsabilità, a certificazione di falsità delle accuse a lei mosse i copiosi scritti, sia ufficiali che ufficiosi, non dell’ispettore Bruschi, ma, come sottolineato dall’autore, del consigliere del Ministro (accipicchia!!), perché detti scritti sono tutt’altro che evangelici e contano una serie di circostanze, come le mie dichiarazioni, non rispondenti al vero. Vengono stralciati brani e passaggi di dialoghi quasi a volermi accreditare come Al Capone redivivo, peccato che a me sembra che altri, non io, si considerino “The Untouchable” (e che Dio me la mandi buona affinché abbia azzeccato a scrivere le parole nella sua lingua con la mia cultura dialettale!). E meno male che, avendo un po’ di esperienza, ho tenuto evidenza completa dei colloqui, tutti, telefonici e non, da me avuti con l’ispettore ministeriale, anche di quel colloquio telefonico molto cordiale nel corso del quale sempre colui che tanto la loda mi continuava a ripetere: “Ma perché vuole convocare l’assemblea del Comitato Genitori?” “Ma chi glielo fa fare?” “Ma perché continua a scrivere sul forum?” e così via. Nonostante le frasi, professore, e il tono, mi creda non ho mai pensato che mi minacciasse ma ho sempre pensato che mi consigliasse e l’ho anche ringraziato, lui lo ricorderà sicuramente. Quando farò la mia relazione ispettiva ai genitori del Parini cercherò di scrivere le frasi topiche fedelmente senza distorcerle, perché è un peccato che, a leggere nella sua mail, i brani stralciati dalla relazione e la lettera di encomio, sembra di vivere la sensazione che siano stati invertiti i fascicoli sulla scrivania “di pelle umana” di fantozziana memoria dell’ufficio ministeriale dell’ispettore; sì, sembra proprio che siano documenti estratti dall’ispezione di altre scuole, riferiti, per quel che mi consta come testimone dei fatti, a un altro docente. E poi, professor Cafiero, come si può dare credito a un’ispezione nei suoi confronti che ha evitato di ascoltare una buona parte dei diretti interessati, dei principali interessati dalle sue azioni le cui segnalazioni davano la stura alle critiche a lei mosse e che ha misurato il suo clima di aula rimanendo lì ad assistere alla lezione? Cosa pensava l’ispettore lei potesse fare in sua presenza, dare in escandescenza? In ogni caso queste sono opinioni personali del sottoscritto, ma tengo ugualmente a sottoporle alla sua intelligenza e onestà intellettuale, perché so che troveranno, comunque, considerazione.
Ma torniamo a tutte le nefande azioni di cui io mi sarei macchiato al suo indirizzo.
Avrei esercitato pressioni su di lei nel colloquio avuto nell’ufficio del Preside? Il dato che mi sembra inconfutabile è che quel colloquio finì con tanto di saluti e strette di mano e tutti al Parini sanno che, quando il tono della conversazione si complica, lei alza un po’ il suo di tono di voce e platealmente se ne va. Come mai quella volta arrivammo alla fine e ci salutammo normalmente? Perché nessuno sentì i toni alti della nostra conversazione? A cosa serve oggi cambiare versione e mentire? Le sembravo veramente minaccioso nel parlarle in quella circostanza?
Per la verità, Professore, nel corso del primo colloquio in Presidenza, lei assente, si parlò di tante cose e anche di lei. Si segnalarono anche i comportamenti particolari che avevano da sempre caratterizzato la sua attività al Parini, il senso di disapprovazione che questo provocava, anche se pochi avevano il coraggio di formalizzarlo, e si annunciò solo quello che diversi genitori cominciavano a ponderare o, almeno, ventilavano di ponderare, che avrebbero cioè voluto aprire procedimenti formali a suo carico. Si comunicò la cosa affidando informazione e gestione del caso al Preside, come è giusto che sia, si vollero evitare clamori e nessuna proposta fu fatta e nessun suggerimento fu mai dato. La replica, nel primo colloquio, del Preside fu: “Non vi preoccupate ci penserò io”, non riferito a lei ma a tutte le situazioni segnalate, indicando alla prof. Angino di convocarla per l’indomani mattina mentre chiese a lei, che per la verità si offrì, di convocare l’altro docente interessato.
Da lì nulla seppi, fino alla convocazione, quasi drammatica nei toni, di giorni dopo ricevuta dietro sua richiesta. Mi sembra di ricordare che, nell’occasione, si dialogò, le prospettai argomenti e considerazioni in un clima di civiltà, nel normale e ordinario esercizio di dialettica e confronto, mentre a leggere questa pantomima organizzata trasposta in tragedia, sembra che la storia sia stata un’altra. Lei professore vittima, ma chi può crederlo?
Comunque, non appena lei si sentì messo in discussione partì con il suo referendum popolare al Parini. Scrisse lettere allegate a mail innegabili e a disposizione di chi le volesse leggere, che circolarizzò a tutto il suo mondo, con inviti inequivocabili e non troppo democratici alla sottoscrizione dei genitori e degli studenti, partendo come una furia con insistenti telefonate perché fossero immediatamente firmate. Incontrò, così testimonia la statistica, certamente più rifiuti che adesioni. Addirittura in una classe gli studenti hanno rifiutato di firmare la lettera nonostante parte dei loro genitori avesse aderito all’invito alla firma. Queste sì che furono pressioni vere e censurabili, ma, avendole fatte lei, non possono che essere legittime e giustificate, una legittima difesa; mentre io, violento, minaccioso, invadente, prevaricante, e chi più ne ha più ne metta, molto oltre l’oggettività per l’innegabile difetto di essere un genitore che si permette, un genitore che si intromette, temi questi e contenuti usi in altri contesti, ben lontani dal mondo della scuola. Sono sempre gli altri per lei che si comportano male, con violenza e subdolamente nei suoi confronti, mentre lei così puro! Stiamo cercando forse di riscrivere in chiave moderna un libro di favole?
Sa che è paradossale come io, nel mio mestiere di applicato alle organizzazioni aziendali, oramai molti anni fa, coniai una figura teorica di profilo comportamentale, spesso presente nei conflitti aziendali, mutuandola dalla letteratura per bambini. La figura la chiamai “Direttore Muscolo” che è il soprannome del direttore del collegio frequentato da Gian Burrasca e al quale i ragazzi avevano dedicato il motto: “Tutti fermi tutti zitti che se vi vede Muscolo siete tutti fritti”. Questa figura, nel romanzo, pretendeva dai ragazzi che si mostrassero all’altezza dell’educazione del collegio, praticando l’immobilismo fisico; se non riuscivano, erano sonore punizioni. Usavo questa figura per esemplificare come autorità senza autorevolezza sia come una bicicletta senza una ruota, perché l’autorità non può essere autocraticamente riconosciuta e riverita di per sé, ma solo per l’autorevolezza delle cose che, sia a livello comportamentale che concettuale, esprime ed è in grado di porre in essere. Questo accadeva alla fine degli anni ’80 e in questo anno, entrando ufficialmente al Liceo Parini, ho sentito una gran presenza del modello “Direttore Muscolo” e, pensando che il personaggio fu ideato nel 1907, ho anche pensato che tutto questo fosse perlomeno anacronistico.
Vede professore, l’arte di insegnare consiste nel liberare il talento, nell’aiutare quel processo di formazione del sé dotato che ogni studente riceve dalla natura. Si tratta di aiutare a trovare la porta della vita. E questo avviene nell’insegnamento del latino come del greco, così per l’inglese. La nozione serve per portare altro, ben più elevato e prezioso, nell’anima degli studenti. Essere professori non vuol dire essere allenatori della memoria, ma di apertura alla percezione e di sviluppo della capacità logica. Per farlo occorre sensibilità, ci vuole giudizio e non pregiudizio, equità e non parzialità, ci vuole anche che le difficoltà degli studenti, tipiche di tutti i momenti della vita e, in particolare, dell’adolescenza, vengano capite, aiutate e mai giudicate, usate o, ancor peggio, provocate o aggravate. Quando voi insegnanti vivete momenti di crisi personale, nessuno vi può dire niente, quando capita ai ragazzi, problemi loro e se perdono l’anno pazienza. I ragazzi vogliono essere ascoltati oltre a sapere di dover ascoltare; con questo non voglio dire che il Liceo Parini sia scuola in cui non si ascoltano i ragazzi, per fortuna tutt’altro, ma questo avviene non per indirizzo del sistema di gestione della scuola, non per la segnalazione e presidio dei valori fondamentali della proposta formativa, ma per capacità e abnegazione di ogni singolo insegnante, neppure poi troppo incentivato e stimolato su questa strada. Riprova ne è che quando questo non avviene, come, a mio modesto avviso, nel suo caso, arriva addirittura la certificazione ministeriale di encomio, la strada della benedizione degli esperti di come la via dell’Io, che forse lei conoscerà, coincida necessariamente con la via dei più e, quindi, dell’interesse collettivo e che, comunque, “quegli arroganti e maleducati dei genitori ne devono rimanere fuori” (E meno male che sono io che minaccio!). Sembra quasi, non più l’apertura di un confronto su temi generali d’interesse pubblico quanto piuttosto l’avvio di una lotta per la spartizione di un territorio, di un dominio. Peccato, però, che ci siano coinvolti circa 700 studenti e non sembra che siano in troppi a preoccuparsene.
Proseguendo, però, sul concreto degli eventi che l’hanno riguardata, lei elegge a causa di ogni male anche me, ma credo che, perché lei possa recuperare credibilità, dovrebbe spiegare ai suoi utenti - cioè alle famiglie dei suoi studenti e non alla “casta” - come mai non riesce a evitare determinati comportamenti che le hanno sempre, da anni, creato problemi in ogni scuola in cui si sia trovato a rendere servigio. Se lei non riuscisse, magari, nella spiegazione potrebbe sempre provare a chiarirlo l’ispettore che la porta a esempio, perché credeteci, anche se non sembra, siamo in grado di capire.
Partiamo dalle opinioni del Parini. Un genitore, richiesto, come altri, di dire al principio di maggio quale la situazione della sua classe al suo riguardo scriveva: “prof. Cafiero (inglese) di cui, più che dal punto di vista didattico, segnaliamo invece la brutta abitudine di arrivare sempre 15-20 minuti in ritardo e l’aver instaurato con i ragazzi un clima un po’ troppo di autoritarismo e timore, per cui i ragazzi vanno in panico.” Sempre questo genitore, poi, richiesto di autorizzazione all’utilizzo dell’informazione data, ha risposto che avrebbe preferito si evitasse perché “aveva capito che era meglio, nell’interesse dei suoi alunni, compiacerla piuttosto che contrastarla”, in assenza di una soluzione reale, al perpetuarsi del suo comportamento. Chissà che magari anche il prof. Bruschi abbia fatto lo stesso ragionamento di questo genitore quando le ha dedicato l’encomio? Compiacerla piuttosto che contrastarla, certamente una chiave di lettura interessante.
Passiamo, poi, all’esperienza al Leonardo. Sarebbe interessante che ci spiegasse un così repentino commiato di un docente così amato come lei è. Tanto amato che un gruppo di studenti della citata scuola, neppure troppo sparuto (81 aderenti che non sono proprio pochi), che per onestà, va detto certamente, non amano la loro scuola, inneggiano dalle pagine di Facebook alla sua dipartita da quell’istituto scolastico. E sembra quasi che il gruppo sia costituito, più che contro la scuola, contro di lei perché, oltre alla notizia sopra riportata, non dà nessun’altra informazione.
Certo, come direbbe Edoardo Bennato, saranno sicuramente dei “sovversivi e dei mezzi criminali” ma, comunque, resta il fatto che 81 studenti del Leonardo, non 8 ma 81, comunicano con gaio la notizia della sua partenza e ci si chiede come mai lì non la rimpiangano mentre al Parini sono tutti convinti che senza di lei la scuola affogherebbe nelle lacrime.
Cosa vale di più per lei, prof. Cafiero, le note di qualifica del Ministero, o l’apprezzamento, il giudizio dei suoi utenti? Sono certo che, da madrelingua inglese e, quindi, con il valore della sovranità dell’utilizzatore dei servizi nei cromosomi, non potrà negare che la sua popolarità qualche contrarietà la trova.
Dopo questo arrivano ancora altre vicende che sembrano pur sempre riferite a lei, come quelle narrate da Corriere e Repubblica, i quali il giorno 11 giugno 2009 escono con due pezzi dedicati ancora una volta a un professore di inglese, che molti dicono essere lei, circostanza questa che certamente meriterebbe una conferma o una smentita, e a una vicenda di un liceo milanese e, leggendoli, non sembra che celebrino i meriti del docente protagonista.
La vicenda, ritenuta grave dalla scuola, al punto da assumere provvedimenti disciplinari importanti nei confronti degli studenti responsabili, è ritenuta irrilevante dal pubblico ministero che ha trattato la querela del docente, al punto da motivare al Giudice chiamato a decidere sulla richiesta di archiviazione della querela, con argomenti che le avrebbero dovuto suggerire, sempre che sia lei, qualche riflessione in più. Sarebbe anche interessante capire come un comportamento pesantemente sanzionato dalla scuola abbia trovato giudizio di liceità da parte di chi ne ha valutato la correttezza giuridica, ma questo è argomento che magari riprenderemo in altra sede.
I passaggi salienti dei due articoli sono:
Il Corriere:
“Prof criticato su Facebook denuncia due studenti, il pm lo «bacchetta»”
La procura dei minori chiede l'archiviazione: il docente «non ha messo in pratica l'educazione»
MILANO - L'anno scorso si è ritrovato su Facebook come protagonista di un «gruppo di discussione», nel quale però faceva una pessima figura. Ha sporto denuncia, e ora si ritrova «bacchettato» dal pm per aver fatto male il suo lavoro. La vicenda riguarda un professore d'inglese di un noto liceo milanese: la Procura dei Minori, nella richiesta di archiviazione del caso firmata da Annamaria Fiorillo, lo rimprovera perché «invece di ricercare un chiarimento con gli studenti» e di dialogare con loro ha deciso di sporgere querela per diffamazione, preferendo «la strada della punizione e del risarcimento» e perdendo «la preziosa occasione di mettere in pratica l'educazione, e cioè il suo mestiere, verso se stesso e verso gli studenti».
Anche Repubblica, dal suo canto, sulla stessa falsariga:
“Milano, gli studenti lo criticano su Facebook e il pm bacchetta il prof perché li denuncia”
Francamente professore, continuare a fare il genio incompreso da parte di tutti e, da ultimo, dal sottoscritto, che ho qualche esperienza di relazione diretta con lei tale da potermi formare una mia opinione, appare veramente poco credibile. Tutti la offendono e nessuno le riconosce l’immenso valore che possiede, l’immenso amore che lei porta agli studenti e che questi ricambiano e rispetto ai quali è così conciliante, conciliante al punto da essere da loro offeso e da perdonarli, soprassedendo alla querela penale, dietro lauto risarcimento (chiesti, dicono i quotidiani fino a 25.000 euro). Pagato il risarcimento, lavata l’offesa, e si riparte esattamente come prima? Il PM dice nelle sue motivazioni che si è persa “la preziosa occasione di mettere in pratica l’educazione, e cioè il suo mestiere, verso se stesso e gli studenti.” E meno male che anche un pubblico ministero sostenga che il mestiere del professore sia principalmente quello di mettere in pratica l’educazione, concetto che vado sostenendo da quanto sono in carica, trovando una certa ostilità da parte delle mie controparti scolastiche.
Lei Professore, che è “di madrelingua inglese”, non può non avere nel dna anche i valori degli anglosassoni e saprà che, per loro, l’unica opinione che conta è quella degli utenti, sono loro che governano il gradimento dei servizi, pubblici o privati che siano, e le sorti di chi li gestisce. Sa anche perfettamente che, se solo il 10% di quello che caratterizza la sua attività quotidiana nel Liceo Parini lo avesse posto in essere nel sistema dell’istruzione anglosassone, a quest’ora avrebbe già cambiato mestiere.
Saprebbe anche che l’attacco non è la miglior difesa, e che la miglior difesa sono i comportamenti corretti, la capacità di ascolto e di percezione della critica come momento di verifica del sé esterno, quello pubblico, rispetto al quale non potrà mai, e ripeto mai, evitare di confrontarsi con il percepito dai suoi interlocutori, nonché fruitori delle sue prestazioni lavorative perché, che le piaccia o no, a lei come al Preside e agli altri sopra di lui, quelli che mantengono in vita la scuola sono i cittadini e, fra questi, anche i genitori del liceo verso i quali dovreste dimostrare maggior rispetto e considerazione, smettendo, tutti e non solo lei, di insultarli inutilmente e gratuitamente, come troppe volte accaduto nelle recenti vicende. E un po’ di sana vergogna per le menzogne e i comportamenti tenuti dovrebbe comparire nel vostro animo e non certamente nel mio.
Quando fui nominato Presidente del Comitato Genitori, esposi che il mio operato sarebbe stato indirizzato al tentativo di recupero di un contenuto complessivo della proposta formativa e, in particolare, di quello etico, avendo avuto troppo spesso occasione di confrontarmi, nella scuola, con comportamenti di grande maleducazione, in primis dello stesso dirigente Pedretti, a mio modo di vedere inaccettabili, anche perché squalificanti la proposta formativa per i ragazzi. Essi, infatti, assistono da un lato alla parte adulta della scuola che infrange sistematicamente le regole, mentre poi, questa stessa parte pretende da loro che rispettino le regole e, se non lo fanno, vengono ripresi anche con grande veemenza ben oltre i loro demeriti; tutto questo è altra cosa rispetto al rigore educativo.
Mi accorsi sin dai miei primi due giorni come presidente di seggio alle elezioni scolastiche, che esistevano tanti pesi e tante misure nel Liceo, grandi sacche di particolarismo e di anarchia a cominciare dal modo con il quale si svolgevano le elezioni degli organi delegati.
E’ quindi evidente, Prof. Cafiero, che se lei riprende uno studente per la mancanza della giustificazione, oppure, come di recente accaduto, per la dimenticanza dei fogli protocollo per la verifica in classe e questo studente vede tutti i giorni che lei arriva sistematicamente in classe con almeno un quarto d’ora di ritardo (sa che nelle sue classi gli studenti si sono organizzati rilevando gli orari delle sue presenze, tanto da poterne elaborare una statistica?) quale autorevolezza e incidenza positiva pensa possa avere la sua reprimenda? Ricorda le parole del PM “perdendo «la preziosa occasione di mettere in pratica l'educazione, e cioè il suo mestiere, verso se stesso e verso gli studenti»?
Chi ha responsabilità e chi ha il dovere di insegnare, non può non sapere che il primo insegnamento è l’esempio. E che esempio dà quando proietta in classe dvd di film in lingua originale, noleggiabili per uso privato in un luogo pubblico e quando, preoccupato delle conseguenze, fa firmare alle famiglie uno scarico di responsabilità. Cosa pensa che si chiedano gli studenti se non: “Perché lui sì e noi no?”
Da queste cose siamo partiti e su questo impostammo i colloqui con il Dirigente Pedretti, con l’effetto che oggi tutti possono valutare: encomio suo e criminalizzazione di quei genitori che osarono! Siamo al ridicolo ma sembra che nessuno voglia accorgersene.
Questi i temi, professore, oggi come ieri e come domani e questa se vuole la vista dal mio angolo di osservazione. Poi, come le ho già detto, a lei prenderla o lasciarla, ritenerla meritevole di attenzione o fuorviante, tanto, professore, il problema è e sarà sempre più suo che mio. Anni e anni di creazione delle medesime dinamiche, dei medesimi conflitti e pensa di potersi tirare fuori creando, ad arte, la crociata del perseguitato e prendendosela col Berenghi di turno perché invece di riverirla la critica? Magari è arrivato il momento di andare avanti altrimenti, come le dissi, quando non si ascoltano i suggerimenti degli uomini, se ne occupa direttamente la vita e la musica cambia.
Un ultimo cenno di questa mia pedantissima ma necessario chiarimento.
Non accusi nessuno di fatti inesistenti come l’inumanità. Non è vera. La scomparsa di suo fratello non è passata dai TG, per cui non si renda ridicolo, il mondo si interessa a lei perché lei lo costringe a farlo, altrimenti, mi creda, il mondo e io per primo troverebbero di meglio da fare. Non chieda cosa infondate e “improponibili” (termine che le piace tanto), come le scuse. Se proprio le piace il genere ne inizi lei a fare esercizio perché di studenti con cui scusarsi è piena la città, come quello da lei dimenticato in un altro Paese (USA forse?) durante le vacanze studio, sempre che sia vero quanto la tradizione popolare riporta. Questo le potrebbe servire per recuperare un po’ di tranquillità, accettando finalmente che non si può piacere e convincere tutti, perché questo aspetto è della vita e non lo cambierà neppure se dovesse mettere sotto berlina tutti i genitori del mondo, anche ben accompagnato e sponsorizzato come è in questa vicenda. E poi a me, professore, con sincerità, lei, nel comportamento, non ha mai convinto. Il mio compito era di fare informazione e l’ho svolto, dovevo segnalare e ho segnalato. La mia coscienza non ha ombre né pentimenti. Non so se valga per gli altri protagonisti dei fatti in commento, lei per primo.
Ora, chiariti i fatti e i comportamenti dal mio punto di vista a tutti gli attori di quel grande palcoscenico che è il Liceo Parini, la palla passa a lei, a chi sta sopra di lei e a quelli che stanno sopra a tutti voi, i genitori dei suoi studenti. Se andrà bene a loro, proseguirà nelle gesta, se no sapranno loro attivarsi nei modi e nelle forme dovute, perché ne sono capaci, nell’irrinunciabile compito di tutelare i loro figli. Quando si parlò delle professioni dei genitori nei colloqui citati, non lo si fece né in senso classista, che tanto le piace, né in senso di capacità di esercitare potere, che pure le piace. Lo si fece solo per dire che cultura e preparazione per capire i comportamenti, nei genitori del Parini esistono e, quindi, non ci si deve sorprendere se sono interlocutori critici non inermi.
Non me ne voglia per la sincerità e apprezzi il mio spirito, sempre costruttivo e un ultimo pensiero. Le regole sono figlie dei valori, e l’educazione è, senza dubbio e prima di tutto, insegnamento dei valori. Le nozioni, come detto, sono i portatori, trasportano i valori e l’educazione piena di sole nozioni a poco porta e poco fa. Ma chi non rispetta le regole - e lei fra questi, ricordi solamente i suoi cronici ritardi - dimostra di non conoscere e non condividere il valore da cui la regola arriva. Ma se allora educare insegnando è trasmettere valori, come può farlo chi non li rispetta e, quindi, non li conosce?
Comunque forse ha ragione lei, sono un illuso idealista-utopista però ho sempre potuto verificare come l’unico giudizio che per un individuo possa contare, da che il mondo è mondo, sia quello della vita che però, mi creda, non arriva mai su carta intestata. Allora professore un consiglio: “Impari a confrontarsi con la critica!”.
Distinti saluti e buon proseguimento in tutto.
Arrigo Berenghi
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