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Adesso i voti li prende il prof
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Adesso i voti li prende il prof
Su Internet finiscono le valutazioni degli insegnanti di New York ed è polemica.
"I genitori possono valutare le scuole dei figli". "No, così è caccia alle streghe"
inviato a new york
Com’è la pagella del tuo professore? Questa domanda, che sembra rovesciare il mondo, ha occupato il fine settimana di migliaia di famiglie a New York, dopo che il Department of Education è stato costretto a pubblicare le valutazioni interne di 18 mila insegnanti. Se la sono posta tra di loro gli studenti, col gusto di rigirare le proprie angosce sulle spalle dei maestri, ma soprattutto i genitori, decisi a capire se i loro figli stanno perdendo tempo e quindi bisogna cambiare scuola. Di sicuro si tratta di una rivoluzione epocale, nonostante tutte le inevitabili polemiche che ha portato con sé, perché da ora in poi nessun professore potrà evitare di fare i conti con le sue responsabilità.
Nel 2006, allo scopo di migliorare la qualità delle scuole pubbliche di New York, l’allora Chancellor Joe Klein decise di varare un nuovo sistema di valutazione degli insegnanti, basato sul modello del «value-added». In sostanza si proponeva di registrare i risultati ottenuti dagli studenti nei test di inglese e matematica, tra la quarta elementare e la terza media, per poi confrontarli con i progressi fatti negli anni successivi. La valutazione teneva conto anche delle condizioni in cui operavano i ragazzi, e quindi se venivano da famiglie ricche o povere, da ambienti istruiti o no, da situazioni agiate o difficili. Lo scopo di questo sistema, chiamato «Teacher Data Reports», era far vedere ai professori il livello di risultati ottenuti dai loro studenti, e quindi i progressi o i peggioramenti, in modo da poter adeguare i metodi di insegnamento. Nello stesso tempo, però, consentiva anche di vedere quali scuole e quali maestri funzionavano meglio, in base ai livelli di apprendimento raggiunti, messi in rapporto con le condizioni di partenza.
Quando i media di New York hanno saputo dell’esistenza di questo sistema, hanno chiesto subito al Department of Education di renderlo pubblico. La risposta è stata negativa, e quindi hanno fatto causa usando il Freedom of Information Act, la legge che obbliga tutte le istituzioni statali americane a rivelare i propri atti e documenti. I giudici hanno dato ragione ai media e venerdì sono stati diffusi i giudizi su 18 mila insegnanti di 140 scuole pubbliche. Subito dopo gli studenti, e i genitori, sono potuti andare su Internet per vedere direttamente i «voti» presi dai loro professori.
La peggiore in assoluto è risultata Pascale Mauclair, della P.S. 11 di Woodside, nel Queens. I risultati però sono stati sorprendenti, perché in molti casi non hanno rispettato le aspettative. È vero che le scuole dell’Upper West Side e dell’Upper East Side di Manhattan funzionano in generale meglio, perché gli abitanti di questi quartieri sono più ricchi, pagano più tasse, e quindi garantiscono più risorse agli istituti dove vanno i loro figli. Però è anche vero che tra il 50% di insegnanti giudicati nella media, il 20% sopra e sotto la media, e il 5% eccellenti o disastrosi, ci sono molte sorprese. Nella stessa scuola, nella stessa classe, possono capitare un professore di inglese straordinario e uno di matematica incapace, e parecchi insegnanti sotto la media lavorano anche nei quartieri più ricchi. Questo dipende dal fatto che i loro risultati sono stati giudicati anche in rapporto alle aspettative per la qualità degli studenti e le «performance» precedenti delle scuole. Quindi un professore dell’Upper East Side, che sembrerebbe un genio al Bronx, passa per incapace, perché ha ottenuto dai suoi ragazzi progressi appena inferiori rispetto al suo predecessore.
Tutti questi elementi alimentano la polemica, che è anche politica. I sostenitori dei test, come il sindaco Bloomberg, sono contenti di renderli pubblici, perché vogliono responsabilizzare ed eventualmente licenziare gli insegnanti del sistema scolastico, in cui la città investe 23 miliardi di dollari all’anno. Invece la United Federation of Teachers, cioè il sindacto, ha fatto causa contro la diffusione dei dati, perché li ritiene parziali e capaci di scatenare una «caccia alle streghe».
E’ probabile che la ragione stia nel mezzo: da una parte questi test non sono perfetti, ma dall’altra molti professori non sono adeguati. Il risultato però è che adesso tutti, insegnanti e amministratori, dovranno rendere conto dei risultati raggiunti.
PAOLO MASTROLILLI
"I genitori possono valutare le scuole dei figli". "No, così è caccia alle streghe"
inviato a new york
Com’è la pagella del tuo professore? Questa domanda, che sembra rovesciare il mondo, ha occupato il fine settimana di migliaia di famiglie a New York, dopo che il Department of Education è stato costretto a pubblicare le valutazioni interne di 18 mila insegnanti. Se la sono posta tra di loro gli studenti, col gusto di rigirare le proprie angosce sulle spalle dei maestri, ma soprattutto i genitori, decisi a capire se i loro figli stanno perdendo tempo e quindi bisogna cambiare scuola. Di sicuro si tratta di una rivoluzione epocale, nonostante tutte le inevitabili polemiche che ha portato con sé, perché da ora in poi nessun professore potrà evitare di fare i conti con le sue responsabilità.
Nel 2006, allo scopo di migliorare la qualità delle scuole pubbliche di New York, l’allora Chancellor Joe Klein decise di varare un nuovo sistema di valutazione degli insegnanti, basato sul modello del «value-added». In sostanza si proponeva di registrare i risultati ottenuti dagli studenti nei test di inglese e matematica, tra la quarta elementare e la terza media, per poi confrontarli con i progressi fatti negli anni successivi. La valutazione teneva conto anche delle condizioni in cui operavano i ragazzi, e quindi se venivano da famiglie ricche o povere, da ambienti istruiti o no, da situazioni agiate o difficili. Lo scopo di questo sistema, chiamato «Teacher Data Reports», era far vedere ai professori il livello di risultati ottenuti dai loro studenti, e quindi i progressi o i peggioramenti, in modo da poter adeguare i metodi di insegnamento. Nello stesso tempo, però, consentiva anche di vedere quali scuole e quali maestri funzionavano meglio, in base ai livelli di apprendimento raggiunti, messi in rapporto con le condizioni di partenza.
Quando i media di New York hanno saputo dell’esistenza di questo sistema, hanno chiesto subito al Department of Education di renderlo pubblico. La risposta è stata negativa, e quindi hanno fatto causa usando il Freedom of Information Act, la legge che obbliga tutte le istituzioni statali americane a rivelare i propri atti e documenti. I giudici hanno dato ragione ai media e venerdì sono stati diffusi i giudizi su 18 mila insegnanti di 140 scuole pubbliche. Subito dopo gli studenti, e i genitori, sono potuti andare su Internet per vedere direttamente i «voti» presi dai loro professori.
La peggiore in assoluto è risultata Pascale Mauclair, della P.S. 11 di Woodside, nel Queens. I risultati però sono stati sorprendenti, perché in molti casi non hanno rispettato le aspettative. È vero che le scuole dell’Upper West Side e dell’Upper East Side di Manhattan funzionano in generale meglio, perché gli abitanti di questi quartieri sono più ricchi, pagano più tasse, e quindi garantiscono più risorse agli istituti dove vanno i loro figli. Però è anche vero che tra il 50% di insegnanti giudicati nella media, il 20% sopra e sotto la media, e il 5% eccellenti o disastrosi, ci sono molte sorprese. Nella stessa scuola, nella stessa classe, possono capitare un professore di inglese straordinario e uno di matematica incapace, e parecchi insegnanti sotto la media lavorano anche nei quartieri più ricchi. Questo dipende dal fatto che i loro risultati sono stati giudicati anche in rapporto alle aspettative per la qualità degli studenti e le «performance» precedenti delle scuole. Quindi un professore dell’Upper East Side, che sembrerebbe un genio al Bronx, passa per incapace, perché ha ottenuto dai suoi ragazzi progressi appena inferiori rispetto al suo predecessore.
Tutti questi elementi alimentano la polemica, che è anche politica. I sostenitori dei test, come il sindaco Bloomberg, sono contenti di renderli pubblici, perché vogliono responsabilizzare ed eventualmente licenziare gli insegnanti del sistema scolastico, in cui la città investe 23 miliardi di dollari all’anno. Invece la United Federation of Teachers, cioè il sindacto, ha fatto causa contro la diffusione dei dati, perché li ritiene parziali e capaci di scatenare una «caccia alle streghe».
E’ probabile che la ragione stia nel mezzo: da una parte questi test non sono perfetti, ma dall’altra molti professori non sono adeguati. Il risultato però è che adesso tutti, insegnanti e amministratori, dovranno rendere conto dei risultati raggiunti.
PAOLO MASTROLILLI
Gilberto Carron- Numero di messaggi : 518
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Data d'iscrizione : 15.02.10
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