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Scuola, boom di trasferimenti: a Roma cambiano 4 docenti su 10
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Scuola, boom di trasferimenti: a Roma cambiano 4 docenti su 10
La maggioranza è spinta dalla necessità di una cattedra stabile, al riparo dai tagli. I presidi: studenti danneggiati
di Anna Maria Sersale
ROMA (3 agosto) - Le nomine nella scuola? Un classico pasticcio all’italiana. Abbiamo un esercito di docenti alla perenne ricerca di un incarico «più vicino a casa». Un fatto legittimo, certo, che però si trasforma in un incubo con l’immancabile balletto di maestri e professori, con effetti devastanti sul rendimento degli studenti. «Troppi trasferimenti si ripercuotono sulla didattica e stravolgono la geografia degli istituti - afferma Mario Rusconi, leader romano dei presidi - e si accentua la divisione in scuole di serie A e scuole di serie B. Molti fuggono dalle realtà più scomode e chiedono di andare in istituti migliori».
Una volta c’era la continuità didattica. «Una volta, perché la scuola da svariati anni è attraversata da un fenomeno crescente di trasferimenti, un fenomeno spropositato che mette in subbuglio migliaia di istituti», sostiene Giorgio Rembado, leader nazionale dei presidi.
Due le molle che spingono i docenti alla migrazione: il desidero di ridurre lo stress (sempre più insostenibile nelle sedi lontane e di frontiera) e il desiderio di conquistare una cattedra stabile per sfuggire ai tagli delle Finanziarie. «Se dalle graduatorie provinciali si passasse all’organico di istituto - afferma Rembado - molti di questi problemi verrebbero risolti in un colpo solo».
Risultato: per una consistente fetta di alunni delle scuole statali completare un ciclo di studi con la stessa squadra di docenti è ormai quasi impossibile. La Gelmini tempo fa dichiarò che avrebbe messo uno stop ai trasferimenti. Il ministero si è messo al lavoro ma finora, in assenza di un piano che possa conciliare i diritti di tutti, calo delle nascite, posti precari, riduzione delle cattedre e professori anziani alle corde alimentano gli spostamenti da una sede all’altra. Lo scorso anno scolastico, su 750 mila docenti, più di 200 mila hanno chiesto di spostarsi in un altro istituto, in pratica il 25% del totale, tra elementari, medie e superiori, con picchi del 35-40% in alcune zone dell’Italia.
Dei 209.300 insegnanti trasferiti nel 2009 (vedi il grafico) la maggior parte aveva presentato domanda (pochi quelli spostati d’ufficio). Del totale dei trasferiti (parliamo del 2008-2009) 91.200 era di ruolo, altri 14.300 erano di ruolo ma neoassunti. Altri 66.100, invece, facevano parte dell’esercito dei precari storici, cui si sono aggiunti 29.300 nuovi precari, tutti interessati a “manovre” di avvicinamento (le cifre sono tratte da una indagine condotta dalla Fondazione-Agnelli, che ha utilizzato dati del Miur).
E’ possibile che la corsa si arresti? No, cresce. Nel 2009-2010 i docenti di ruolo che hanno fatto domanda di trasferimento sono stati 30mila in più. Però sempre più spesso lo spostamento avviene per la «perdita di titolarità della cattedra». Stando alle previsioni dei sindacati il prossimo anno scolastico l’instabilità sarà maggiore: i docenti che perdono il “posto” diventando sovrannumerari dovranno cercare un’altra collocazione. Se nel sali-scendi delle graduatorie la nuova collocazione non si troverà, i docenti che risulteranno in esubero resteranno nella vecchia scuola a “disposizione”. «Il taglio dei posti ha incrementato le domande di trasferimento. Tutti quelli che hanno perso la cattedra cercano nuove sedi», sostiene Di Menna, segretario della Uil scuola, che per ovviare al problema propone di «fissare l’organico per l’intero ciclo di studi».
La continuità didattica, indispensabile per un buon apprendimento, si è trasformata in una specie di lotteria. Fra trasferimenti, aspettative, part-time, supplenze, “cattedre a 18 ore”, “spezzoni”, pensionamenti, distacchi e “marchingegni normativi” di vario genere, troppi docenti cambiano scuola o classe ogni anno.. «Senza un rimedio capace di conciliare da una parte i diritti dei singoli e dall’altra le esigenze di studenti e famiglie la situazione andrà sempre peggio», incalza il preside Rembado.
E poi, basta che si formi una classe in più, o in meno, per rivoluzionare l´assegnazione delle cattedre anche ad anno iniziato. A tutto ciò si aggiungono altri “meccanismi”, alcuni dei quali non contabilizzati, che aggravano il quadro portando le percentuali dei trasferimenti a ridosso del 40%, anche per i distacchi sindacali e i comandi presso gli uffici centrali e periferici dell´amministrazione scolastica o presso le università.
In molte città, Roma in testa, da diversi anni 4 insegnanti su 10 si spostano su loro richiesta o sono costretti a cambiare classe. Una percentuale altissima. Le conseguenze? Un terzo degli alunni italiani è “vittima” di un avvicendamento.
Gaetano Domenici, eletto pochi giorni fa preside della Facoltà di Scienze della Formazione a Roma Tre, non ha dubbi: «Nella attuale situazione della scuola italiana la discontinuità didattica abbassa ulteriormente la qualità dell’istruzione. Certo, si può pensare che la continuità dovrebbe essere garantita anche nel passaggio da un docente all’altro. Ciascuno dovrebbe lasciare “traccia” del proprio lavoro, il collega che segue dovrebbe continuare, ma ci vorrebbero delle tecniche che nella scuola non ci sono. Nell’attuale assetto i cambiamenti in corsa fanno solo danni». E le famiglie protestano.
Insomma, poca chiarezza e norme antiquate rendono il problema di difficile soluzione. Completa il quadro la «lista dei trasferiti per ragioni di invalidità». Sono gli insegnanti «beneficiari di una precedenza prevista dal contratto nazionale». Grazie alla legge 104 sull’handicap, passano avanti ai colleghi che attendono il trasferimento da anni. Lo fanno con un certificato medico, quasi sempre provvisorio, rilasciato dalla Asl di residenza. Ma i controlli sono lenti e al Sud arrivano anche anni dopo lo spostamento.
il messagero
di Anna Maria Sersale
ROMA (3 agosto) - Le nomine nella scuola? Un classico pasticcio all’italiana. Abbiamo un esercito di docenti alla perenne ricerca di un incarico «più vicino a casa». Un fatto legittimo, certo, che però si trasforma in un incubo con l’immancabile balletto di maestri e professori, con effetti devastanti sul rendimento degli studenti. «Troppi trasferimenti si ripercuotono sulla didattica e stravolgono la geografia degli istituti - afferma Mario Rusconi, leader romano dei presidi - e si accentua la divisione in scuole di serie A e scuole di serie B. Molti fuggono dalle realtà più scomode e chiedono di andare in istituti migliori».
Una volta c’era la continuità didattica. «Una volta, perché la scuola da svariati anni è attraversata da un fenomeno crescente di trasferimenti, un fenomeno spropositato che mette in subbuglio migliaia di istituti», sostiene Giorgio Rembado, leader nazionale dei presidi.
Due le molle che spingono i docenti alla migrazione: il desidero di ridurre lo stress (sempre più insostenibile nelle sedi lontane e di frontiera) e il desiderio di conquistare una cattedra stabile per sfuggire ai tagli delle Finanziarie. «Se dalle graduatorie provinciali si passasse all’organico di istituto - afferma Rembado - molti di questi problemi verrebbero risolti in un colpo solo».
Risultato: per una consistente fetta di alunni delle scuole statali completare un ciclo di studi con la stessa squadra di docenti è ormai quasi impossibile. La Gelmini tempo fa dichiarò che avrebbe messo uno stop ai trasferimenti. Il ministero si è messo al lavoro ma finora, in assenza di un piano che possa conciliare i diritti di tutti, calo delle nascite, posti precari, riduzione delle cattedre e professori anziani alle corde alimentano gli spostamenti da una sede all’altra. Lo scorso anno scolastico, su 750 mila docenti, più di 200 mila hanno chiesto di spostarsi in un altro istituto, in pratica il 25% del totale, tra elementari, medie e superiori, con picchi del 35-40% in alcune zone dell’Italia.
Dei 209.300 insegnanti trasferiti nel 2009 (vedi il grafico) la maggior parte aveva presentato domanda (pochi quelli spostati d’ufficio). Del totale dei trasferiti (parliamo del 2008-2009) 91.200 era di ruolo, altri 14.300 erano di ruolo ma neoassunti. Altri 66.100, invece, facevano parte dell’esercito dei precari storici, cui si sono aggiunti 29.300 nuovi precari, tutti interessati a “manovre” di avvicinamento (le cifre sono tratte da una indagine condotta dalla Fondazione-Agnelli, che ha utilizzato dati del Miur).
E’ possibile che la corsa si arresti? No, cresce. Nel 2009-2010 i docenti di ruolo che hanno fatto domanda di trasferimento sono stati 30mila in più. Però sempre più spesso lo spostamento avviene per la «perdita di titolarità della cattedra». Stando alle previsioni dei sindacati il prossimo anno scolastico l’instabilità sarà maggiore: i docenti che perdono il “posto” diventando sovrannumerari dovranno cercare un’altra collocazione. Se nel sali-scendi delle graduatorie la nuova collocazione non si troverà, i docenti che risulteranno in esubero resteranno nella vecchia scuola a “disposizione”. «Il taglio dei posti ha incrementato le domande di trasferimento. Tutti quelli che hanno perso la cattedra cercano nuove sedi», sostiene Di Menna, segretario della Uil scuola, che per ovviare al problema propone di «fissare l’organico per l’intero ciclo di studi».
La continuità didattica, indispensabile per un buon apprendimento, si è trasformata in una specie di lotteria. Fra trasferimenti, aspettative, part-time, supplenze, “cattedre a 18 ore”, “spezzoni”, pensionamenti, distacchi e “marchingegni normativi” di vario genere, troppi docenti cambiano scuola o classe ogni anno.. «Senza un rimedio capace di conciliare da una parte i diritti dei singoli e dall’altra le esigenze di studenti e famiglie la situazione andrà sempre peggio», incalza il preside Rembado.
E poi, basta che si formi una classe in più, o in meno, per rivoluzionare l´assegnazione delle cattedre anche ad anno iniziato. A tutto ciò si aggiungono altri “meccanismi”, alcuni dei quali non contabilizzati, che aggravano il quadro portando le percentuali dei trasferimenti a ridosso del 40%, anche per i distacchi sindacali e i comandi presso gli uffici centrali e periferici dell´amministrazione scolastica o presso le università.
In molte città, Roma in testa, da diversi anni 4 insegnanti su 10 si spostano su loro richiesta o sono costretti a cambiare classe. Una percentuale altissima. Le conseguenze? Un terzo degli alunni italiani è “vittima” di un avvicendamento.
Gaetano Domenici, eletto pochi giorni fa preside della Facoltà di Scienze della Formazione a Roma Tre, non ha dubbi: «Nella attuale situazione della scuola italiana la discontinuità didattica abbassa ulteriormente la qualità dell’istruzione. Certo, si può pensare che la continuità dovrebbe essere garantita anche nel passaggio da un docente all’altro. Ciascuno dovrebbe lasciare “traccia” del proprio lavoro, il collega che segue dovrebbe continuare, ma ci vorrebbero delle tecniche che nella scuola non ci sono. Nell’attuale assetto i cambiamenti in corsa fanno solo danni». E le famiglie protestano.
Insomma, poca chiarezza e norme antiquate rendono il problema di difficile soluzione. Completa il quadro la «lista dei trasferiti per ragioni di invalidità». Sono gli insegnanti «beneficiari di una precedenza prevista dal contratto nazionale». Grazie alla legge 104 sull’handicap, passano avanti ai colleghi che attendono il trasferimento da anni. Lo fanno con un certificato medico, quasi sempre provvisorio, rilasciato dalla Asl di residenza. Ma i controlli sono lenti e al Sud arrivano anche anni dopo lo spostamento.
il messagero
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