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Qs, le università italiane salgono in classifica
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Qs, le università italiane salgono in classifica
Bologna il nostro miglior ateneo,
il dominio però resta americano
con il Mit in testa
roma
Il MIT si conferma al top del QS World University Rankings, classifica annuale delle migliori università del mondo, che quest’anno include 800 atenei, 100 in più rispetto allo scorso anno. Al secondo si piazza un’altra università americana, Harvard, che strappa la casella a Cambridge che slitta al terzo posto.
Pur lontane dalle prime cento le università italiane migliorano le loro posizioni e quattro atenei entrano ex-novo nelle classifica ”top 800”: Milano Bicocca, Roma Tre, Università studi di Brescia e Verona.
Nessuna italiana è nella top 10 europea e la prima della lista è l’Università di Bologna, che passa dal 194esimo posto al 188esimo. Le nostre facoltà restano quindi ben lontane dai vertici, occupati dalle statunitensi: 11 tra le prime 20 al mondo.
Dopo Bologna seguono la Sapienza di Roma che avanza di venti caselle (dal 216mo posto al 196mo) e il Politecnico di Milano che risale dal 244mo al 230mo posto. Ventisei in tutto le università italiane incluse nella classifica.
La classifica europea vede al primo posto Eth di Zurigo (12esima a livello mondiale), seguita dall’Ecole Polytechnique Federale de Lausanne (19esima) e dall’Ecole Normale Superieure di Parigi (28esima).
I miglioramenti più significativi sono riscontrabili in due criteri dei sei che compongono la ricerca (reputazione accademica, reputazione presso i datori di lavoro, proporzione tra corpo docenti e studenti, citazioni per docente/ricercatore, studenti internazionali e docenti internazionali): quelli che misurano attraverso un sondaggio globale, l’opinione degli accademici (62.094 partecipanti) e dei datori di lavoro/recruiters internazionali (27.957 partecipanti).
Cresce soprattutto l’impatto della ricerca dei top atenei italiani in classifica: l’Università di Bologna, La Sapienza, il Politecnico di Milano e l’Università di Pisa. Quattordici delle 26 università italiane in classifica hanno mantenuto o migliorato il punteggio in questo importante indicatore (citation per faculty), un risultato positivo - fa notare Qs - per un paese che investe solo circa l’ 1% del PIL nella ricerca.
«Nonostante la crisi economica, l’Italia - commenta Ben Sowter, a capo dell’unità di ricerca di Qs - è un paese dove esistono eccellenze straordinarie nell’ambito dell’insegnamento e della ricerca universitaria. Per essere fortemente competitiva l’Italia deve dotarsi di un sistema paese che sostenga la genialità e il talento, incrementi e razionalizzi gli investimenti nella ricerca e concentri le risorse in pochi e selezionati poli di eccellenza, come avviene Inghilterra, Francia, Germania e in Cina. Il capitale umano - aggiunge - è la vera ricchezza del Paese, che sta perdendo una generazione di ricercatori per la scarsità delle risorse e la precarietà dei percorsi di carriera. L’Italia deve creare le condizioni per fermare la fuga di cervelli, far rientrare quelli che sono emigrati e per attrarne anche da altri paesi. I risultati incoraggianti della nostra classifica indicano che la formazione e la ricerca made in Italy può ambire a una maggiore visibilità internazionale, con ricadute positive sull’economia e la competitività del Paese».
Di «risultato positivo» ha parlato Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun) «nonostante - ha aggiunto - i tagli alle risorse che da anni colpiscono l’università italiana che, sebbene l’apparente scarsa attenzione dedicata alla innovazione ed alla alta formazione da parte della politica, ha mantenuto ed addirittura migliorato le sue perfomance in questa lista di ranking. D’altra parte anche nei recenti dati della VQR, gestita dall’Anvur, la valutazione del confronto internazionale della università italiana aveva dimostrato l’ottimo risultato della nostra ricerca nei campi tecnologici e bio-medici».
il dominio però resta americano
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roma
Il MIT si conferma al top del QS World University Rankings, classifica annuale delle migliori università del mondo, che quest’anno include 800 atenei, 100 in più rispetto allo scorso anno. Al secondo si piazza un’altra università americana, Harvard, che strappa la casella a Cambridge che slitta al terzo posto.
Pur lontane dalle prime cento le università italiane migliorano le loro posizioni e quattro atenei entrano ex-novo nelle classifica ”top 800”: Milano Bicocca, Roma Tre, Università studi di Brescia e Verona.
Nessuna italiana è nella top 10 europea e la prima della lista è l’Università di Bologna, che passa dal 194esimo posto al 188esimo. Le nostre facoltà restano quindi ben lontane dai vertici, occupati dalle statunitensi: 11 tra le prime 20 al mondo.
Dopo Bologna seguono la Sapienza di Roma che avanza di venti caselle (dal 216mo posto al 196mo) e il Politecnico di Milano che risale dal 244mo al 230mo posto. Ventisei in tutto le università italiane incluse nella classifica.
La classifica europea vede al primo posto Eth di Zurigo (12esima a livello mondiale), seguita dall’Ecole Polytechnique Federale de Lausanne (19esima) e dall’Ecole Normale Superieure di Parigi (28esima).
I miglioramenti più significativi sono riscontrabili in due criteri dei sei che compongono la ricerca (reputazione accademica, reputazione presso i datori di lavoro, proporzione tra corpo docenti e studenti, citazioni per docente/ricercatore, studenti internazionali e docenti internazionali): quelli che misurano attraverso un sondaggio globale, l’opinione degli accademici (62.094 partecipanti) e dei datori di lavoro/recruiters internazionali (27.957 partecipanti).
Cresce soprattutto l’impatto della ricerca dei top atenei italiani in classifica: l’Università di Bologna, La Sapienza, il Politecnico di Milano e l’Università di Pisa. Quattordici delle 26 università italiane in classifica hanno mantenuto o migliorato il punteggio in questo importante indicatore (citation per faculty), un risultato positivo - fa notare Qs - per un paese che investe solo circa l’ 1% del PIL nella ricerca.
«Nonostante la crisi economica, l’Italia - commenta Ben Sowter, a capo dell’unità di ricerca di Qs - è un paese dove esistono eccellenze straordinarie nell’ambito dell’insegnamento e della ricerca universitaria. Per essere fortemente competitiva l’Italia deve dotarsi di un sistema paese che sostenga la genialità e il talento, incrementi e razionalizzi gli investimenti nella ricerca e concentri le risorse in pochi e selezionati poli di eccellenza, come avviene Inghilterra, Francia, Germania e in Cina. Il capitale umano - aggiunge - è la vera ricchezza del Paese, che sta perdendo una generazione di ricercatori per la scarsità delle risorse e la precarietà dei percorsi di carriera. L’Italia deve creare le condizioni per fermare la fuga di cervelli, far rientrare quelli che sono emigrati e per attrarne anche da altri paesi. I risultati incoraggianti della nostra classifica indicano che la formazione e la ricerca made in Italy può ambire a una maggiore visibilità internazionale, con ricadute positive sull’economia e la competitività del Paese».
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