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Rebus università: come scegliere quella giusta?
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Rebus università: come scegliere quella giusta?
In Bicocca un corso di orientamento per i prof e le «settimane di prova»
Tra open day, errori e «strane domande», ecco come gli studenti affrontano il percorso post-diploma
MILANO - «Voglio entrare nei Ris. Che laurea mi serve?».
«Vorrei fare il pm, ma non mi piace il diritto. Come me la cavo?». «Ho 23 anni, sono in crisi, vorrei cambiare corso di studi: non Giurisprudenza, ma Agraria/Veterinaria. Se sapessi che chimica e matematica sono passabili, avrei già scelto…».
Ne hanno tanti di esempi da raccontare, i responsabili degli sportelli Orientamento delle università italiane. Ma soprattutto devono fare i conti con una grande confusione. Studenti "dis"orientati, poco informati, genitori che si sostituiscono ai figli nel processo di scelta, insegnanti di liceo assenti.
La scelta del percorso universitario è per molti un momento difficile: in una fase della vita che è come uno spartiacque e in un periodo di continui cambiamenti di strutture e percorsi accademici. «Le prime difficoltà sono lessicali: gli studenti non conoscono la differenza tra facoltà e corso di laurea, tra iscrizione e immatricolazione», dice Stefania Milani, responsabile dell’ufficio orientamento della Bicocca di Milano, servizio che gestisce più di 8mila studenti l’anno, 10mila telefonate, 6mila email di richieste. «Fanno confusione tra test di valutazione e test di selezione per corsi a numero programmato. Hanno difficoltà con le procedure online». Disinformati e confusi anche i genitori, che sempre più spesso accompagnano i ragazzi a raccogliere informazioni su percorsi di studio molto mutati rispetto a quelli che hanno seguito loro. «E che sempre più frequentemente pongono domande sul ritorno economico della scelta: Quanto mi costerà? Quando troverà lavoro?», dice Milani.
A CHI CHIEDERE? - La domanda-base è: come si sceglie l’università? Con il cuore o con la testa? Un quesito non da poco, visto che uno studente su cinque (uno su quattro, a Economia e Giurisprudenza; uno su tre a Matematica) abbandona dopo il primo anno. E soprattutto, a chi chiedere? Partire dai portali dei principali atenei ha portato uno studente alla ricerca della propria strada, dopo la maturità, a «postare» in rete un contributo decisamente negativo, dal titolo: «L’orientamento universitario italiano è un totale fallimento». «Io – scrive - ho imparato come funziona l’università (cioè ci sono 4 periodi, due di corsi e due di esami, alternati) solo grazie a un amico che in un pub ha avuto la pazienza di tirare fuori un pennarello, prendere la tovaglietta di carta e disegnarci sopra uno schema. Tempo di realizzazione: 2 minuti. Quel gesto è stato più illuminante delle 2 ore spese il giorno prima su internet per capirci qualcosa. Quello che mi domando è: perché è stato lui a insegnarmelo? Perché a scuola nessuno ci ha spiegato come funziona? Perché non lo fanno i siti web delle Università?».
L'ORIENTAMENTO IN UNIVERSITÀ - Già, perché? E comunque, l’Università informa? Sempre gli studenti segnalano esempi di eccellenza: a Verona gruppetti di studenti di ogni facoltà sono invitati (dietro compenso) a passare l’estate a orientare le future matricole. A Trento sono previsti incontri aperti a tutti, durante l’estate e approfondimenti su appuntamento, oltre al tutoraggio, nel primo anno, per aiutare a inserirsi nella burocrazia e nei ritmi universitari. All’Università di Salerno (50mila studenti), un ragazzo racconta di aver risolto i suoi dubbi grazie al Caot, il centro di Ateneo per l’orientamento, che lo ha seguito per mezza giornata, con informazioni sui vari corsi, possibilità di placement, consulenza psicologica. Poi si è immatricolato via Internet Point, ha pagato le tasse alla banca interna, ha fatto domanda di borsa di studio online e richiesta del tesserino mensa. Mezza giornata, poi è tornato a casa.
CAPACITÀ DI SCEGLIERE - Ma molto più numerosi sono gli esempi di segno opposto: informazioni criptiche, caotiche, deludenti. «Attenzione però - avverte Laura Formenti, docente a Scienza della Formazione in Bicocca -: l’eccesso di informazioni genera confusione, aumenta l’incertezza. La scelta va accompagnata». «Abituiamo i ragazzi a domandarsi: Chi sono, come sono fatto? Cosa conosco, quali saperi posso valorizzare, qual è il mio rapporto con lo studio? - dice la docente -. Fondamentale il confronto con l’altro e la capacità di pensiero critico», aggiunge. «Insegniamo agli studenti a usare quel che sanno, a capire quel che vogliono fare». «Un percorso complesso - riconosce Formenti - che va coltivato negli anni delle superiori, attraverso apprendimenti non focalizzati solo sui contenuti, ma sulla capacità di scegliere, progettare, assumersi rischi».
I DUBBI - D’accordo Simona Alberti, insegnante di Italiano all’Istituto Tecnico Baldoni di Lecco: «I cinque anni di superiori sono un’occasione potentissima per praticare scelte, esercitare spazi di riflessione su di sé. Momenti che possono essere creati da insegnanti di qualsiasi disciplina». E aggiunge: «L’orientamento è tale se tocca la familiarità con se stessi, l’intimità». Tra i suoi studenti di quinta, interrogati sulla scelta, emerge la «paura di non riuscire», come scrive una ragazza; di «non trovare in me le qualità per far bene in futuro», dice un altro. «La scuola è il percorso per capire in cosa si è realmente campioni». E poi la scelta, comunque, è «individuale, frutto di numerose riflessioni». Insomma, al di là dei consigli di rito (informarsi su programma dei corsi, prestigio dei docenti, agevolazioni agli studenti, obbligatorietà o meno della frequenza, mezzi di trasporto per raggiungere l’università, costi degli affitti), nessuno può dire con certezza qual è la scelta migliore per un aspirante universitario, ma conoscersi meglio e capire che cosa ci si aspetta, aiuta.
INSEGNANTI FIGURE CHIAVE - «Bene l’orientamento informale della famiglia, il tam tam tra amici, ma il ruolo fondamentale è quello degli insegnanti delle superiori», rincara Susanna Mantovani, prorettore in Bicocca ed esperta di pedagogia, a un incontro tra scuola e università organizzato nei giorni scorsi dall’ateneo meneghino. Primo di una serie di appuntamenti che coinvolgeranno i «prof» nel corso dell’anno. Obiettivo, far sì che conoscano meglio la mutata offerta delle università e aiutare i colleghi dell’Università a conoscere il mondo della scuola, altrettanto trasformato. Nel mese di marzo partirà un corso di formazione ad hoc. Ma ci sarà anche, in febbraio, una giornata per le famiglie, dal titolo «Quando i figli si iscrivono all’università». E appuntamenti per gli studenti: i tradizionali open day (il primo il 17 dicembre), ma anche le nuove «open week»: «finestre» estive in cui i ragazzi potranno «assaggiare» e toccare con mano lo studio, i laboratori, le materie, la vita universitaria.
Antonella De Gregorio
Tra open day, errori e «strane domande», ecco come gli studenti affrontano il percorso post-diploma
MILANO - «Voglio entrare nei Ris. Che laurea mi serve?».
«Vorrei fare il pm, ma non mi piace il diritto. Come me la cavo?». «Ho 23 anni, sono in crisi, vorrei cambiare corso di studi: non Giurisprudenza, ma Agraria/Veterinaria. Se sapessi che chimica e matematica sono passabili, avrei già scelto…».
Ne hanno tanti di esempi da raccontare, i responsabili degli sportelli Orientamento delle università italiane. Ma soprattutto devono fare i conti con una grande confusione. Studenti "dis"orientati, poco informati, genitori che si sostituiscono ai figli nel processo di scelta, insegnanti di liceo assenti.
La scelta del percorso universitario è per molti un momento difficile: in una fase della vita che è come uno spartiacque e in un periodo di continui cambiamenti di strutture e percorsi accademici. «Le prime difficoltà sono lessicali: gli studenti non conoscono la differenza tra facoltà e corso di laurea, tra iscrizione e immatricolazione», dice Stefania Milani, responsabile dell’ufficio orientamento della Bicocca di Milano, servizio che gestisce più di 8mila studenti l’anno, 10mila telefonate, 6mila email di richieste. «Fanno confusione tra test di valutazione e test di selezione per corsi a numero programmato. Hanno difficoltà con le procedure online». Disinformati e confusi anche i genitori, che sempre più spesso accompagnano i ragazzi a raccogliere informazioni su percorsi di studio molto mutati rispetto a quelli che hanno seguito loro. «E che sempre più frequentemente pongono domande sul ritorno economico della scelta: Quanto mi costerà? Quando troverà lavoro?», dice Milani.
A CHI CHIEDERE? - La domanda-base è: come si sceglie l’università? Con il cuore o con la testa? Un quesito non da poco, visto che uno studente su cinque (uno su quattro, a Economia e Giurisprudenza; uno su tre a Matematica) abbandona dopo il primo anno. E soprattutto, a chi chiedere? Partire dai portali dei principali atenei ha portato uno studente alla ricerca della propria strada, dopo la maturità, a «postare» in rete un contributo decisamente negativo, dal titolo: «L’orientamento universitario italiano è un totale fallimento». «Io – scrive - ho imparato come funziona l’università (cioè ci sono 4 periodi, due di corsi e due di esami, alternati) solo grazie a un amico che in un pub ha avuto la pazienza di tirare fuori un pennarello, prendere la tovaglietta di carta e disegnarci sopra uno schema. Tempo di realizzazione: 2 minuti. Quel gesto è stato più illuminante delle 2 ore spese il giorno prima su internet per capirci qualcosa. Quello che mi domando è: perché è stato lui a insegnarmelo? Perché a scuola nessuno ci ha spiegato come funziona? Perché non lo fanno i siti web delle Università?».
L'ORIENTAMENTO IN UNIVERSITÀ - Già, perché? E comunque, l’Università informa? Sempre gli studenti segnalano esempi di eccellenza: a Verona gruppetti di studenti di ogni facoltà sono invitati (dietro compenso) a passare l’estate a orientare le future matricole. A Trento sono previsti incontri aperti a tutti, durante l’estate e approfondimenti su appuntamento, oltre al tutoraggio, nel primo anno, per aiutare a inserirsi nella burocrazia e nei ritmi universitari. All’Università di Salerno (50mila studenti), un ragazzo racconta di aver risolto i suoi dubbi grazie al Caot, il centro di Ateneo per l’orientamento, che lo ha seguito per mezza giornata, con informazioni sui vari corsi, possibilità di placement, consulenza psicologica. Poi si è immatricolato via Internet Point, ha pagato le tasse alla banca interna, ha fatto domanda di borsa di studio online e richiesta del tesserino mensa. Mezza giornata, poi è tornato a casa.
CAPACITÀ DI SCEGLIERE - Ma molto più numerosi sono gli esempi di segno opposto: informazioni criptiche, caotiche, deludenti. «Attenzione però - avverte Laura Formenti, docente a Scienza della Formazione in Bicocca -: l’eccesso di informazioni genera confusione, aumenta l’incertezza. La scelta va accompagnata». «Abituiamo i ragazzi a domandarsi: Chi sono, come sono fatto? Cosa conosco, quali saperi posso valorizzare, qual è il mio rapporto con lo studio? - dice la docente -. Fondamentale il confronto con l’altro e la capacità di pensiero critico», aggiunge. «Insegniamo agli studenti a usare quel che sanno, a capire quel che vogliono fare». «Un percorso complesso - riconosce Formenti - che va coltivato negli anni delle superiori, attraverso apprendimenti non focalizzati solo sui contenuti, ma sulla capacità di scegliere, progettare, assumersi rischi».
I DUBBI - D’accordo Simona Alberti, insegnante di Italiano all’Istituto Tecnico Baldoni di Lecco: «I cinque anni di superiori sono un’occasione potentissima per praticare scelte, esercitare spazi di riflessione su di sé. Momenti che possono essere creati da insegnanti di qualsiasi disciplina». E aggiunge: «L’orientamento è tale se tocca la familiarità con se stessi, l’intimità». Tra i suoi studenti di quinta, interrogati sulla scelta, emerge la «paura di non riuscire», come scrive una ragazza; di «non trovare in me le qualità per far bene in futuro», dice un altro. «La scuola è il percorso per capire in cosa si è realmente campioni». E poi la scelta, comunque, è «individuale, frutto di numerose riflessioni». Insomma, al di là dei consigli di rito (informarsi su programma dei corsi, prestigio dei docenti, agevolazioni agli studenti, obbligatorietà o meno della frequenza, mezzi di trasporto per raggiungere l’università, costi degli affitti), nessuno può dire con certezza qual è la scelta migliore per un aspirante universitario, ma conoscersi meglio e capire che cosa ci si aspetta, aiuta.
INSEGNANTI FIGURE CHIAVE - «Bene l’orientamento informale della famiglia, il tam tam tra amici, ma il ruolo fondamentale è quello degli insegnanti delle superiori», rincara Susanna Mantovani, prorettore in Bicocca ed esperta di pedagogia, a un incontro tra scuola e università organizzato nei giorni scorsi dall’ateneo meneghino. Primo di una serie di appuntamenti che coinvolgeranno i «prof» nel corso dell’anno. Obiettivo, far sì che conoscano meglio la mutata offerta delle università e aiutare i colleghi dell’Università a conoscere il mondo della scuola, altrettanto trasformato. Nel mese di marzo partirà un corso di formazione ad hoc. Ma ci sarà anche, in febbraio, una giornata per le famiglie, dal titolo «Quando i figli si iscrivono all’università». E appuntamenti per gli studenti: i tradizionali open day (il primo il 17 dicembre), ma anche le nuove «open week»: «finestre» estive in cui i ragazzi potranno «assaggiare» e toccare con mano lo studio, i laboratori, le materie, la vita universitaria.
Antonella De Gregorio
Gilberto Carron- Numero di messaggi : 518
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