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Studiare all'estero alle superiori Boom di richieste per Cina e India
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Studiare all'estero alle superiori Boom di richieste per Cina e India
Intercultura, sono i Paesi emergenti la meta dei ragazzi delle superiori per i periodi di studio all'estero
Programmi da tre mesi a un anno, per due terzi finanziati da banche e aziende
MILANO – Hanno superato un complicato iter selettivo, perché «non tutti sono idonei per vivere un periodo di studio all'estero», dice Vincenzo Morlini, direttore esecutivo di Intercultura, una onlus gestita da migliaia di volontari e la mission già presente nel suo nome: favorire lo scambio culturale tra Paesi.
LE CIFRE – Una cinquantina di loro ha scelto la Cina, paese del presente e del futuro, con uno dei sistemi scolastici tra i migliori del mondo. Studieranno in diverse scuole secondarie di uno Stato-Continente, apprenderanno il mandarino, vivranno a stretto contatto con una famiglia dagli occhi a mandorla interiorizzando usi e costumi di un popolo così enigmatico. Altri, circa una ventina, hanno optato per l'India, la più grande democrazia del mondo e con un'istruzione scientifica all'avanguardia, che sta sfornando migliaia di cervelli (principalmente ingegneri) per i player hi-tech della Silicon Valley. Molti altri sono in attesa dell'imbarco immediato, destinazione Buenos Aires, Rio de Janeiro, Santiago. Saranno i primi a muoversi, favoriti anche dalle temperature ora non troppo torride dell'emisfero australe. In totale sono oltre 1.500, la gran parte (circa i due terzi) con borse di studio totali o parziali a copertura del viaggio e delle spese di permanenza. Finanziate da privati (Telecom, Allianz, Intesa Sanpaolo) e da quell'ibrido pubblico-privato che sono le fondazioni bancarie.
LE RAGIONI – Le future classi dirigenti? Un investimento per il futuro? «Di certo un investimento per tutta la società civile – spiega Morlini – e un ritorno professionale in un'ottica di lungo termine, perché chiaramente al loro ritorno non sono immediatamente disponibili per il mercato del lavoro». La ragione è presto detta: hanno tra i 16 e i 18 anni. Ma sono ragazzi con un eccellente rendimento scolastico e sono psicologicamente pronti ad affrontare un'esperienza di studio all'estero che può variare dai tre mesi a un anno. L'ostacolo principale alla buona riuscita di una parentesi oltreconfine sta proprio qui: nell'accettare che si è fuori dagli agi della vita in famiglia e devono essere riconsiderate le proprie abitudini e i propri schemi mentali all'interno di un'altra cornice familiare. Eppure la percentuale di rigetto è bassissima: solo il 3-4% dei ragazzi – dice Morlini – torna a casa anzitempo. Smentendo la vulgata corrente dei ragazzi italiani “bamboccioni” e immaturi.
corriere.it
Programmi da tre mesi a un anno, per due terzi finanziati da banche e aziende
MILANO – Hanno superato un complicato iter selettivo, perché «non tutti sono idonei per vivere un periodo di studio all'estero», dice Vincenzo Morlini, direttore esecutivo di Intercultura, una onlus gestita da migliaia di volontari e la mission già presente nel suo nome: favorire lo scambio culturale tra Paesi.
LE CIFRE – Una cinquantina di loro ha scelto la Cina, paese del presente e del futuro, con uno dei sistemi scolastici tra i migliori del mondo. Studieranno in diverse scuole secondarie di uno Stato-Continente, apprenderanno il mandarino, vivranno a stretto contatto con una famiglia dagli occhi a mandorla interiorizzando usi e costumi di un popolo così enigmatico. Altri, circa una ventina, hanno optato per l'India, la più grande democrazia del mondo e con un'istruzione scientifica all'avanguardia, che sta sfornando migliaia di cervelli (principalmente ingegneri) per i player hi-tech della Silicon Valley. Molti altri sono in attesa dell'imbarco immediato, destinazione Buenos Aires, Rio de Janeiro, Santiago. Saranno i primi a muoversi, favoriti anche dalle temperature ora non troppo torride dell'emisfero australe. In totale sono oltre 1.500, la gran parte (circa i due terzi) con borse di studio totali o parziali a copertura del viaggio e delle spese di permanenza. Finanziate da privati (Telecom, Allianz, Intesa Sanpaolo) e da quell'ibrido pubblico-privato che sono le fondazioni bancarie.
LE RAGIONI – Le future classi dirigenti? Un investimento per il futuro? «Di certo un investimento per tutta la società civile – spiega Morlini – e un ritorno professionale in un'ottica di lungo termine, perché chiaramente al loro ritorno non sono immediatamente disponibili per il mercato del lavoro». La ragione è presto detta: hanno tra i 16 e i 18 anni. Ma sono ragazzi con un eccellente rendimento scolastico e sono psicologicamente pronti ad affrontare un'esperienza di studio all'estero che può variare dai tre mesi a un anno. L'ostacolo principale alla buona riuscita di una parentesi oltreconfine sta proprio qui: nell'accettare che si è fuori dagli agi della vita in famiglia e devono essere riconsiderate le proprie abitudini e i propri schemi mentali all'interno di un'altra cornice familiare. Eppure la percentuale di rigetto è bassissima: solo il 3-4% dei ragazzi – dice Morlini – torna a casa anzitempo. Smentendo la vulgata corrente dei ragazzi italiani “bamboccioni” e immaturi.
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Gilberto Carron- Numero di messaggi : 518
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